Trump e Putin preparano il vertice sull’Ucraina. Il rebus sulla sede: ipotesi Vaticano e mandato d’arresto

Il tycoon sente Meloni e la sonda su Roma. La disponibilità italiana e il difficile nodo del "corridoio diplomatico" verso la Santa Sede. Prende quota l’ipotesi Emirati Arabi

Trump e Putin preparano il vertice sull’Ucraina. Il rebus sulla sede: ipotesi Vaticano e mandato d’arresto
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Passati ormai sei anni dall’ultimo bilaterale era il 28 giugno 2019, durante il G20 di Osaka - Donald Trump e Vladimir Putin potrebbero tornare a incontrarsi faccia a faccia la prossima settimana. Un’eventualità su cui il presidente americano si è detto ottimista già giovedì scorso, dopo il rientro da Mosca del suo inviato speciale Steve Witkoff. «C’è una buona probabilità che molto presto ci sia un incontro tra me e Putin», aveva detto ai giornalisti alla Casa Bianca. Un’ipotesi confermata ieri dall’agenzia russa Tass, secondo cui i due potrebbero vedersi di persona «alla fine della prossima settimana».
Insomma, al netto delle inevitabili incertezze legate a una trattativa lunga e complessa, il segnale che arriva sia da Washington che da Mosca è la disponibilità a sedersi al tavolo di un primo appuntamento negoziale per cercare di mettere fine al conflitto tra Russia e Ucraina. Quanto reale sia questo approccio dialogante e l’ipotesi- rilanciata ieri da Bloomberg - di congelare la guerra consolidando le conquiste territoriali russe ottenute durante l’invasione dell’Ucraina lo scopriremo nelle prossime settimane. Ma è evidente che siamo davanti a un possibile cambio di passo di un conflitto che sta condizionando le sorti politiche ed economiche dell’Europa ormai dal 24 febbraio 2022.
Se l’incontro tra i due è ormai considerato più che probabile, il punto di domanda rimane il luogo, ancora in fase di discussione. Le possibilità includono Emirati Arabi Uniti (la location più quotata), Ungheria, Turchia e Svizzera. Più improbabile l’ipotesi Roma, sebbene Fox news abbia citato ieri mattina la capitale italiana come una delle possibili sedi dell’incontro. Scenario subito smentito dalla Tass, secondo cui il vertice «non si svolgerà a Roma così come in nessuna capitale europea».
D’altra parte, su Putin pende un mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale il 17 marzo del 2023 con l’accusa di «crimini di guerra» e «trasferimento forzato di bambini ucraini» dai territori occupati verso la Russia. Insomma, in qualsiasi dei 123 Paesi che riconoscono la giurisdizione della Cpi - Italia compresa - il presidente russo rischia l’arresto. E questo anche nel caso che il vertice si faccia in Vaticano, ipotesi che Trump ha accarezzato e su cui ha coinvolto la premier Giorgia Meloni nel corso della telefonata di giovedì sera e durante ripetuti contatti diplomatici nella giornata di ieri. D’altra parte, lo stesso Leone XIV aveva tempo fa dato la sua disponibilità a coinvolgere la Santa Sede in eventuali negoziati di pace.
Il punto - soprattutto sotto il profilo giuridico - è che per arrivare fisicamente in Vaticano Putin dovrebbe comunque atterrare all’aeroporto militare di Roma Ciampino e beneficiare di una sorta di «corridoio» diplomatico.
Non un dettaglio, considerando che- dopo lunghe trattative- nell’agosto 2023 il leader russo decise suo malgrado di rinunciare a partecipare in presenza a Johannesburg al vertice dei cosiddetti Brics, gli ex Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Esattamente per lo stesso problema.
Al netto della disponibilità data da Meloni a creare le condizioni tecniche e giuridiche per un eventuale atterraggio di Putin in territorio italiano - aprire il negoziato è una priorità nonostante la Cpi, è il ragionamento della premier- è dunque altamente improbabile che Mosca si fidi e faccia mettere piede sul suolo europeo a Putin.
Per di più l’Italia. Che, prima con Mario Draghi e ora con Meloni, ha sempre avuto una posizione molto netta e di condanna dell’invasione russa in Ucraina.

Con il Cremlino che la scorsa settimana ha messo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (e pure i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetta) nella black list delle personalità occidentali considerate «russofobe». In buona compagnia, visto che nell’elenco sono presenti anche il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz.

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