Marcello Zacché
da Milano
Franco Debenedetti è noto per essere il più liberale tra i Ds. Insomma, un riformista «puro», per dirla con il liguaggio di oggi. Che per questo è considerato spesso scomodo. Sta di fatto che, senatore uscente, non è stato ricandidato dal suo partito, ma potrebbe diventare pedina preziosa per il prossimo governo Prodi. Per questo il Giornale lo ha interpellato, trovandolo impegnato allestero, sulloperazione Autostrade-Abertis.
Senatore, la fusione del gruppo autostradale italiano con quello spagnolo ha suscitato la reazione negativa del premier in pectore, Romano Prodi, e di altri esponenti dellUnione. Perché secondo lei?
«Guardi: se vuole mi chieda la mia, di opinione. Ma non faccio commenti sui commenti degli altri».
Allora ci dica: come le sembra, economicamente parlando, un progetto di integrazione tra due gruppi autostradali di due diversi Paesi europei?
«Io dico questo: le operazioni cosiddette cross-border destano sempre alcune perplessità da una parte o dallaltra del confine che attraversano. In questo caso una cosa è sicura: le autostrade restano in Italia qualunque cosa succeda. Nessuno può certo pensare di prendersele e portarle via».
E la loro gestione? Il rapporto con gli utenti?
«Unaltra questione è altrettanto sicura: il rapporto di concessione di Autostrade è e resterà sempre con il governo italiano».
Il dibattito potrebbe essere quello che riguarda una vicenda privata, cioè tra società private, che entrano in contatto, o collisione che sia, con la sfera pubblica, o politica. In sintesi: è ipotizzabile che la fusione Autostrade-Abertis debba prepararsi a un passaggio nel Parlamento italiano?
«Detto che il Parlamento si può occupare di qualunque questione e che è naturale non porre alcun limite, in questo caso non mi sembra assolutamente necessario.
Semmai se ne dovranno occupare le autorità Antitrust, giusto?
«Le istituzioni preposte sono quelle, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Non ne vedo altre».
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