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"Il killer di mio marito ​non l'ha catturato Alfano"

Dopo l'arresto dello sparatore, tweet del ministro: "L'abbiamo preso". Ma il merito è solo dei poliziotti

"Il killer di mio marito ​non l'ha catturato Alfano"

Il ministro dell'Interno è abbonato al plurale maiestatis. Soprattutto quando si tratta di appropriarsi dei meriti altrui. Angelino Alfano è fatto così: ama vantarsi, anche quando il suo ruolo istituzionale consiglierebbe un atteggiamento più discreto. I carabinieri acciuffano un boss? Alfano non riesce a stare zitto; anzi, subito convoca una conferenza stampa: «Abbiamo acciuffatto il boss». «Abbiamo»? La polizia cattura un serial killer? Angelino immediatamente si mette a favore di telecamera: «Abbiamo catturato il serial killer». «Abbiamo»? La Guardia di finanza smaschera un re del narcotraffico? Angelino irrompe nei tg e scippa la ribalta: «Abbiamo smascherato il re del narcotraffico». «Abbiamo»? Insomma, il ministro dell'Interno, quando c'è da prendere gli applausi, non si tira mai indietro. O meglio: si mette sempre davanti (ai microfoni).

Anche due sere fa non si è smentito. Quando alle h.22 le manette sono scattate ai polsi del pregiudicato che giovedì scorso aveva fatto fuoco contro il poliziotto Nicola Barbato riducendolo in fin di vita, si è fatto prendere dall'entusiasmo. E, visto che l'ora era tarda per convocare i giornalisti, ha mandato un tweet agli italiani: «Abbiamo catturato il presunto autore del tentato omicidio del nostro poliziotto di Napoli. Stato ancora una volta più forte». Ma - «ancora una volta» - è rispuntata pure la sindrome da «prima persona plurale» del ministro: «Abbiamo»? Ma Alfano che c'entra? A dirigere gli uomini che hanno bloccato Raffaele Rende (il criminale che ha sparato a Barbato ndr) c'era il capo della Mobile, Fausto Ramparelli, mica il responsabile del Viminale. Ma questa volta il plurale maiestatis di Alfano, non è passato in cavalleria. La signora Angela, moglie del poliziotto partenopeo, si è sfogata: «Il merito dell'arresto di chi ha cercato di uccidere Nicola, va per intero ai colleghi di mio marito. Che hanno lavorato notte e giorno per catturare il colpevole. Ragazzi eccezionali che mi stanno vicini facendomi sentire il loro affetto e la loro solidarietà. Nicola sarebbe orgoglioso si loro. Il presidente della Repubblica è venuto in ospedale a trovare Nicola, così ha fatto anche il capo della polizia. Ma il ministro non l'ho visto...».

«Magari verrà oggi per fare passerella...», sussurrano a denti stretti i poliziotti che da giorni stazionano davanti all'ospedale di Loreto Mare dove è ricoverato, in gravissime condizioni Nicola Barbato, 50 anni, freddato da un colpo di pistola durante un'operazione antiracket. Angela, Giovanna e Luigi, la moglie e i figli di Nicola, sono la fotografia di una famiglia perbene. Unita. Dove ci si vuol bene. Soprattutto oggi che il male ha bussato alla loro porta di casa. Non si staccano l'uno dall'altro. Angela sta soffrendo le pene dell'inferno, ma è determinata a superare questo momento drammatico. Affronta la tragedia con una dignità che le fa onore, sostenuta da due figli meravigliosi. Si abbracciano. Si fanno coraggio. Davanti all'ospedale, dove Nicola lotta per la vita, ci sono decine di uomini e di donne in divisa: «Ci sono i “falchi“ con la paletta infilata nella cintura e lo sguardo disperato - si legge su Il Mattino di Napoli -; ci sono gli agenti in borghese accasciati sulle sedie della sala d'attesa, c'è una poliziotta con il pancione che nessuno riesce a far tornare a casa». Tutti lì, solidali con la signora Angela che ripete, come a voler scacciare le ombre brutte: «Con Nicola siamo sposati da ventisei anni, abbiamo avuto due figli, una famiglia normale...e adesso». I medici le spiegano che l'intervento è «andato bene». Ma Nicola non ha ancora riaperto gli occhi, e quelli di Angela restano carichi di lacrime: «Solo lui mi può togliere l'angoscia, solo lui... Quando si sveglierà e potrò parlargli... Solo allora sarò sollevata». C'è un cartello davanti all'ospedale.

Con su scritto: «Forza Nicola!».

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