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Mantovani, 5 ore sotto torchio ma mancano ancora le prove

L'ex vicepresidente della Lombardia interrogato davanti al gip di Milano. "Io senza colpe. Scarceratemi subito"

Mantovani, 5 ore sotto torchio ma mancano ancora le prove

Milano - «Interrogatorio fiume» è un'espressione abusata ma questa volta rende l'idea. Dalle 9.30 del mattino, quando il giudice per le indagini preliminari Stefania Pepe e il pubblico ministero titolare dell'inchiesta Giovanni Polizzi hanno varcato la soglia del carcere milanese di San Vittore, fino a oltre le 21: in mezzo, le domande con cui sono stati messi sotto torchio l'ex vicegovernatore della Regione Mario Mantovani, il suo capo di gabinetto Giacomo Di Capua e Angelo Bianchi, l'ingegnere funzionario del provveditorato ai Lavori pubblici per il quale, secondo l'accusa, i primi due avrebbero fatto pressioni al neo provveditore Pietro Baratono affinché gli restituisse un ruolo di responsabilità, che sarebbe stato strumentale per compiere gli altri reati, oltre alla concussione, contestati dalla Procura: dalla turbativa d'asta a corruzione e abuso d'ufficio.

Cala il buio su San Vittore e l'interrogatorio di garanzia nei confronti di «MM», come chiamano il politico lombardo nel suo entourage, prosegue fino alle 21.30. Ultimo in ordine di tempo, dopo quelli di Bianchi e Di Capua. Mantovani intervenne per non far togliere quegli incarichi a Bianchi solo «per evitare il blocco negli appalti in corso», perché l'ingegnere li stava già gestendo e un cambio in quel momento avrebbe significato un rallentamento dei lavori: è questo il nocciolo della difesa di Bianchi, riassunta dal suo legale Gaetano Pecorella. Per circa tre ore vanno avanti le domande a Giacomo Di Capua, il braccio destro di Mantovani, per il quale il suo avvocato Giampiero Chiodo chiederà, forse già oggi, la scarcerazione «anche viste le sue condizioni familiari (due figli piccoli, ndr )». Risponde a tutto, e dalla linea della difesa emerge la stessa tesi di fondo che verrà ribadita poi anche da Mantovani: non ci fu concussione perché Mantovani «non aveva il potere sufficiente» per esercitare pressioni sul nuovo Provveditore Baratono, insediatosi nell'aprile 2012, cioè quando l'ex vicegovernatore già non era più sottosegretario delle Infrastrutture e Trasporti (ministero di cui il provveditorato è articolazione territoriale). E sulla turbativa d'asta, spiega Chiodo, «è come se alla mia segretaria fosse chiesto conto di una telefonata che io le ho chiesto di fare, e per giunta in ciò che è stato chiesto al mio assistito non c'era nulla di illecito». Decisione è la parola chiave della difesa di Mantovani. Il suo legale Roberto Lassini lo ha detto chiaro e tondo a metà giornata, in una pausa tra il colloquio con il suo assistito e l'interrogatorio di garanzia iniziato alle 16.30. «Siamo convinti di dimostrare l'innocenza del senatore, anche se sarebbe stato meglio che ci avessero chiamato dalla Procura qualche mese fa, quando era libero - ha spiegato Lassini, ricordando che la richiesta di arresto era stata depositata già oltre un anno fa ed è stata eseguita dopo un'ulteriore integrazione delle indagini - a quest'ora avremmo già fatto anche il processo». La difesa ha chiesto ieri la scarcerazione dell'ex vicegovernatore, o in subordine gli arresti domiciliari. Forse già domani ci sarà un ulteriore incontro con il pm Polizzi. E farà i conti sui soldi incassati dall'architetto Gianluca Parotti, l'uomo che secondo gli investigatori avrebbe svolto gratis diversi lavori nelle case di Mantovani e del figlio: in molte intercettazioni si lamenta, «a me non mi paga!», «Ho due anni e mezzo di lavoro, quando li porto a casa 'sti soldi?». La tesi dell'accusa è che la contropartita fossero gli altri incarichi ottenuti con l'aiuto di Mantovani. Per la difesa, invece, Parotti non vanta così tanti crediti: «L'importo dovuto per i lavori a villa Clerici riteniamo sia molto più basso.

Inoltre si tratta di un “dare-avere” tra privati, come dimostra il fatto che lo stesso studio dell'architetto Parotti si trovi all'interno della villa e non ci risulta sia stato pagato un corrispettivo», ha precisato Lassini.

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