Una 15enne bengalese suicida. C'è l'ombra delle nozze combinate

Mithila era in ansia per un viaggio in patria e una visita ginecologica

Una 15enne bengalese suicida. C'è l'ombra delle nozze combinate
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Muore dopo tre giorni di agonia. E la Procura indaga il padre per istigazione al suicidio. Non ce l'ha fatta Mithila, la ragazza di 15 anni di origini bengalesi che lunedì pomeriggio ha deciso di farla finita lanciandosi dal balcone del terzo piano della sua abitazione di Ancona. Nessun biglietto, nessun post sui social ma a convincere il pm che indaga sulla morte assurda di una ragazzina cresciuta in Italia è un'assistente sociale. «Era preoccupatissima perché i genitori, musulmani, la volevano portare in Bangladesh per tre mesi. Aveva paura di non terminare l'anno scolastico». Non solo. Secondo la testimonianza chiave Mithila avrebbe confidato che la famiglia aveva già combinato le sue nozze con un connazionale, un tipo che nemmeno conosceva. Tanto che martedì la ragazzina si sarebbe dovuta sottoporre a una visita ginecologica, forse richiesta dai parenti del promesso sposo a «garanzia» della sua illibatezza. Un appuntamento che inquietava Mithila, come raccontano insegnanti e compagne di scuola.

Insomma, una brutta storia che ricorda in maniera drammatica la morte di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa dai familiari perché si opponeva a nozze combinate. Una pista precisa per il pm Andrea Laurino che ha iscritto sul registro degli indagati il genitore della 15enne. L'autopsia dovrà chiarire, fra l'altro, se Mithila era in stato interessante. Gli inquirenti dovranno accertare se davvero la vittima temeva di tornare in Bangladesh per sposarsi con uno sconosciuto, ipotesi che potrà essere confermata dai messaggi scambiati in chat con amici e compagni di classe. Sequestrati, dunque, sia il suo cellulare che il diario di scuola mentre nelle prossime ore saranno ascoltati docenti e alunni dell'Istituto professionale.

Mithila viveva assieme ai genitori, al fratello e alla famiglia della sorella, sposata e con due bambini, in una palazzina in via Capodistria. Lunedì poco prima di cena si affaccia in strada. La vede un passante che cerca disperatamente di bloccarla. Ma lei, decisa a farla finita, si lancia nel vuoto. In casa la famiglia al completo tranne il papà che è al lavoro e il fratello che arriva poco dopo. «Abbiamo sentito un tonfo poi l'abbiamo vista, a terra, in un lago di sangue», spiegheranno i parenti alla polizia. Le condizioni di Mithila, trasportata agli Ospedali Riuniti Le Torrette di Ancona, sono apparse subito disperate a causa di «un grave trauma cranico», come spiegano i medici del reparto di Terapia Intensiva che l'hanno tenuta in vita fino a giovedì.

A difendere il padre è il fratello della ragazzina: «Mithila era libera di fare quello che voleva, non siamo una famiglia rigida. Il viaggio in Bangladesh? Non era stata ancora fissata la data e non era obbligata». Eppure le liti continue, i vicini le ricordano bene. «Non voleva portare il velo», racconta qualcuno.

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