Accordo Russia-Turchia per sminare i porti. Putin: incontro Zelensky

Non c'è ancora l'accordo per sbloccare le 20 tonnellate di grano ferme nei porti del Mar Nero e necessarie per sfamare il mondo, a rischio carestia

Accordo Russia-Turchia per sminare i porti. Putin: incontro Zelensky

Non c'è ancora l'accordo per sbloccare le 20 tonnellate di grano ferme nei porti del Mar Nero e necessarie per sfamare il mondo, a rischio carestia. Lo ha confermato la Russia tramite il portavoce del Cremlino Dimtry Peskov e lo ha ribadito il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres, pur parlando di «progressi». Un primo passo, che lascia qualche speranza ma va sempre letto nell'ambito di una più ampia trattativa, potrebbe essere l'annuncio del ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, sull'accordo raggiunto tra Russia e Turchia per lo sminamento dei porti ucraini. Secondo il leader della diplomazia russa, che ha rivelato la novità in conferenza stampa durante una visita in Arabia saudita, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan hanno concordato il contributo di Ankara all'operazione, con un ruolo di coordinamento. L'intesa è il frutto della telefonata avvenuta lunedì tra il presidente russo e l'omologo turco, che regala a quest'ultimo l'orgoglio di ad aver strappato un primo risultato a Mosca, dopo aver guadagnato credibilità agli occhi del Cremlino per la sua mediazione e per il «no» all'allargamento della Nato a Svezia e Finlandia. Eppure, proprio nelle stesse ore in cui Erdogan incassa il successo, i riflettori si accendono sulla Turchia, che si dice pronta a un nuovo intervento militare nel nord della Siria proprio contro le milizie curde, i cui esponenti - secondo Ankara «terroristi» - sono stati protetti da Stoccolma e Helsinki. Gli Stati Uniti avvertono che l'offensiva «minerebbe la stabilità regionale». Ma è evidente che Erdogan giochi su più tavoli e intenda andare all'incasso per la sua mediazione o per il suo sì all'allargamento della Nato.

Per la Russia l'annuncio sullo sminamento è l'occasione per tornare a scaricare le responsabilità della crisi alimentare su Kiev. «I carichi di grano ucraini sono bloccati dalle mine piazzate dalle forze di Kiev nelle sue acque, mentre gli approvvigionamenti di cereali russi sono ostacolati dalle sanzioni», ha ribadito Lavrov. Tradotto: è tutta colpa dell'Ucraina e dell'Occidente. Mosca scarica su Kiev la colpa di aver disseminato il Mar Nero di ordigni, lasciandoli finire alla deriva con il mare è agitato e rendendo impossibile la ripresa delle esportazioni. In realtà secondo Kiev - circa 500 vecchie mine sovietiche sono state piazzate in mare dai russi, libere di vagare proprio per danneggiare la reputazione dell'Ucraina. Secondo l'intelligence britannica «la loro presenza è quasi certamente dovuta all'attività navale russa nella zona e dimostra come l'invasione stia colpendo gli interessi neutrali e civili». Eppure Mosca ha deciso di usare la questione come arma negoziale. In cambio della creazione di corridoi alimentari, ha infatti chiesto fin qui la rimozione delle sanzioni, senza aver acconsentito a una missione internazionale per lo sblocco dei porti.

A rispondere sul punto, smentendo i russi, è il segretario di Stato americano. «Non è vero che le sanzioni non permettono la distribuzione del cibo», ha spiegato Antony Blinken, ricordando che per i prodotti alimentari ci sono esenzioni. Nel frattempo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, durante un «question time» alla Camera, ha fatto sapere che «l'Italia ha già dato la propria disponibilità per partecipare alle eventuali operazioni di sminamento e intende favorire un ruolo centrale delle Nazioni Unite ed eventualmente di altri partner, come la Turchia, nell'effettivo svolgimento e coordinamento delle operazioni». Pesano, sulla crisi alimentare, le parole di Papa Francesco, che ha lanciato un appello ieri perché «non si usi il grano, da cui dipende la vita di milioni di persone, come arma di guerra». Ma è quello che sta già avvenendo. In attesa di capire chi la spunterà dal punto di vista militare e quando si arriverà a negoziati decisivi. Su un possibile incontro tra il presidente russo e il leader ucraino Volodymyr Zelensky, il Cremlino conferma che «non è escluso», non lo è mai stato, ma che «comunque un faccia-a-faccia si terrà solo per la firma di qualche documento». Un obiettivo che, al momento, non sembra vicino, considerate le parole di fuoco di Putin e Zelensky. Il primo ha promesso di nuovo ieri che «la Russia non potrà che aumentare la sua forza, indipendenza e sovranità». Il secondo ha sostenuto: «Putin e la Russia sono il male oscuro».

Intanto Mosca chiarisce gli obiettivi sul campo.

Il capo della Commissione per gli Affari internazionali della Duma, Leonid Slutsky, ha definito «probabile» che questa estate si svolgano referendum nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia per l'adesione alla Russia. La loro piena conquista potrebbe essere per Mosca un punto di partenza per negoziati più seri.

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