Addio ad Ambrosetti, l'ideatore del Forum che con Monti inventò il "vincolo esterno"

Formatosi negli Usa, importò la consulenza strategica

Addio ad Ambrosetti, l'ideatore del Forum che con Monti inventò il "vincolo esterno"
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Dal nostro nostro inviato a Cernobbio (Como)

È morto ieri a 94 anni nella sua Varese Alfredo Ambrosetti, imprenditore varesino con lo sguardo lungo e i modi gentili, capace di trasformare Villa d'Este in una capitale provvisoria del mondo. Padre del Forum di Cernobbio (se n'è andato a 51sima edizione in corso), ha creato un luogo in cui politica, finanza, premi Nobel e capi di Stato impararono a parlarsi. Se oggi l'Italia può vantare un appuntamento che dialoga alla pari con Davos, lo si deve a lui, a quel ragazzo nato nel 1931 che dalla provincia lombarda seppe immaginare un rito globale.

Laureato alla Cattolica, viaggiatore instancabile, si formò negli Stati Uniti, dove comprese che l'aggiornamento continuo era il segreto della modernità. Nel 1965 fondò lo Studio Ambrosetti, società di consulenza direzionale e laboratorio di formazione manageriale, che avrebbe accompagnato molte imprese italiane da Barilla a Marzotto nel salto culturale verso i mercati globali. Per l'Italia fu un'innovazione: quella multinazionale tascabile che poi diventerà un modello.

La sua intuizione più celebre nacque in una sera di nebbia del novembre 1974, su un treno con l'amico Umberto Colombo: trattare insieme economia, politica e tecnologia, tre mondi allora considerati separati. La prima edizione del Forum, nel luglio 1975, fu quasi pionieristica: 14 partecipanti, pochi americani, nessuna eco. Ma Beniamino Andreatta, uscendo, gli disse: "Non ho mai imparato tanto". Bastò a convincere Ambrosetti a insistere, arruolando via via premi Nobel come Franco Modigliani e manager come Cesare Romiti.

Dagli anni Ottanta in poi Cernobbio diventò un crocevia mondiale: Gianni Agnelli che atterrava in elicottero, Bill Gates che preparava le sue slide fino all'alba, Joseph Ratzinger che rifletteva da cardinale sui valori dell'economia, Arafat e Peres che si strinsero la mano sulle rive del lago, Gorbaciov e Kissinger che discutevano di geopolitica. Negli anni Novanta, con Mario Monti e lo stesso Agnelli come figure di riferimento, il Forum assunse un compito pedagogico: convincere imprenditori e banchieri che l'apertura all'Europa era un'opportunità. Fu lì che Ambrosetti, in tempi non sospetti, introdusse il tema del "vincolo esterno", quel rapporto deficit/Pil che avrebbe orientato la costruzione dell'euro e ancora oggi divide i governi. Qualcuno lo definì "l'europeismo padre", altri lo accusarono di non essere riuscito a parlare a fasce più ampie della società, trasformandosi col tempo in "tempio dei poteri forti".

Ambrosetti costruì tutto con lo stile di chi preferisce il sussurro al proclama. Per lui il Forum era un'orchestra: lui accordava gli strumenti, gli ospiti suonavano. Eppure la musica restava sua. Non cercò mai la ribalta, convinto che la vera eleganza fosse lasciare la scena agli altri.

Dopo il buyout dello Studio Ambrosetti che portò alla nascita dell'attuale Teha, Alfredo tornò a Varese, scegliendo nuove battaglie: la beneficenza, gli Special Olympics, la rassegna Campionissimi che riuniva atleti e artisti e gli incontri del lunedì alle 17.15 con ospiti di prestigio. Continuava a ragionare con l'entusiasmo di un giovane, sempre curioso, sempre in cerca di nuove occasioni di confronto.

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