La truffa dello sciopero: le adesioni sono un flop

I dati di Palazzo Chigi: partecipazione sotto il 6%. Ecco i trucchi per bloccare l'Italia

La truffa dello sciopero: le adesioni sono un flop
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Apparentemente, lunedì l'Italia è stata bloccata da uno sciopero generale indetto in solidarietà con la popolazione di Gaza e per chiedere la fine delle relazioni tra l'Italia e Israele. E senza dubbio una parte della popolazione ha conosciuto disagi, soprattutto per il blocco dei trasporti, anche perché l'interruzione del lavoro è stata accompagnata da manifestazioni ben poco pacifiche: come ha potuto ben constatare chi abbia avuto la ventura di trovarsi dalle parti della stazione centrale di Milano.

La realtà, però, risulta assai diversa. In effetti, le informazioni diffuse dal Dipartimento della Funzione Pubblica mostrano un'adesione allo sciopero irrilevante. I numeri sono spietati se si considera che nella sanità, ad esempio, l'adesione allo sciopero è stata dell'1,52%: soltanto duemila lavoratori su circa 180 mila. Ma anche gli altri ambiti non si discostano: ha scioperato solo il 2,3% dei lavoratori delle regioni a statuto speciale, il 7,56% del settore istruzione e ricerca, l'8,05% dei vigili del fuoco, e così via. Per un complessivo 5,9% di adesioni. Per le sigle che hanno bloccato l'Italia il risultato è comunque straordinario, dato che sono riuscite a far credere a tutti che l'adesione sia stata massiccia e che ogni lavoratore si sia fermato, quando invece le cose non sono andate così. È pure necessario rilevare due cose.

Innanzi tutto, l'umanitarismo dei sindacalisti punta sempre a collocare questi giorni di sciopero, con tutti i fastidi che comportano per la gente comune, tra venerdì e lunedì. In altre parole, chi organizza queste mobilitazioni punta a far sì che molti possano vedere nello sciopero una bella opportunità per un lungo fine settimana.

Per giunta, sempre dai dati diffusi dalla Funzione pubblica emerge come nella giornata formalmente di sciopero quanti sono stati assenti "per altri motivi" siano molto più numerosi di coloro che hanno rinunciato a una giornata di stipendio. Nella sanità il rapporto è di 20 a 1, nelle funzioni locali è di 4 a 1, e via dicendo. C'è stato insomma più personale in ferie oppure in malattia di quanto non fosse quello schierato a difesa della popolazione palestinese.

Tutto questo ha qualcosa di profondamente falso e truffaldino. Non soltanto lo sciopero è un inadempimento contrattuale e quando riguarda servizi delicati anche una forma di ricatto nei riguardi del pubblico; e non soltanto esso colpisce chi non c'entra nulla nella speranza che questo porti altri (gli uomini politici oppure i datori di lavoro) a modificare il loro atteggiamento. Ma ormai lo sciopero non è più davvero uno sciopero.

Da che mondo è mondo, gli apologeti dello sciopero ce l'hanno presentato come il sacrificio personale compiuto dal lavoratore allo scopo di ottenere un risultato ben preciso: sia esso salariale, sia esso politico (come in questo caso). Alla luce della scarsa partecipazione, invece, è chiaro che esso non poggia più su quella rinuncia economica che nel passato aiutava a conferire allo scioperante un certo status: quello che di colui che sa rifiutare un po' di soldi in vista di un risultato che ritiene importante.

I dati sopra riportati sono spietati: ormai lo sciopero è soltanto teatro. Abbiamo qualche sigla sindacale in cerca di visibilità, una serie di giornali schierati che ne parlano per giorni e giorni, militanti del corteo e degli scontri con la polizia che s'incaricano di rendere ancor più vivida la rappresentazione.

A questo punto, dopo che la televisione ha trasmesso le immagini della guerriglia, è come se lo sciopero ci fosse stato davvero.

Anche se in realtà, perché questo è successo, sostanzialmente tutti sono andati a lavorare.

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