Coronavirus

"Adesso però mettiamo dazi alla Cina"

Miccini: pronti a ripartire malgrado le imprese siano state lasciate sole

Gabriele Miccini è il patron di Giessegi, un'eccellenza dell'arredo made in Italy. Testa e cuore impegnati per aiutare oggi e ripartire domani. «Abbiamo dovuto fermarci naturalmente e i nostri 550 dipendenti sono in cassa integrazione racconta - . Ma tutti dobbiamo fare la nostra parte, perciò ho donato un apparecchio per radiografie all'ospedale di Macerata e 5 ventilatori per l'ospedale di Ancona. Purtroppo, l'organizzazione sanitaria nel nostro Paese è partita in ritardo e male, perché l'emergenza è stata sottovalutata: però va anche detto che la Cina ha nascosto a lungo la gravità dell'accaduto. La stessa Cina che da anni ci inonda con i suoi prodotti a basso costo, mentre carica di dazi il made in Italy. Così, mentre loro ci vendono divani a un prezzo che a noi non basta neanche per la stoffa, il distretto marchigiano del mobile è pieno di capannoni deserti. Quando l'emergenza finirà, mi auguro che avremo imparato la lezione: dazi importanti sui prodotti cinesi, per reciprocità, e allora quei capannoni potranno riaprire».

Il primo passo sarà la tanto attesa «fase 2 », a cui Miccini si prepara ben da prima di Pasqua. «Speriamo di ripartire appena possibile, in sicurezza spiega - Ho già pronto il termoscanner per misurare la temperatura e ho fatto fare dai nostri tappezzieri mascherine disinfettabili per i dipendenti. Tengo a dire che noi siamo solidi finanziariamente e i nostri fornitori vengono pagati. Però, come sta succedendo a molte altre aziende, i clienti non riescono a pagare noi in questo momento».

Sulle misure prese dal governo per le imprese, il patron di Giessegi puntualizza: «Lo Stato fa tante promesse, ma manca un progetto a 360 gradi. Bisogna pensare a tutte le aziende, piccole e grandi, perché si tratta di una rete interconnessa. Per esempio, sarebbe stato utile traslare di quattro mesi tutti i mutui e i canoni, anche quelli dei leasing. La ripresa inoltre sarà a piccoli passi, anche perché non sarà facile cancellare il clima di ansia progressiva che ha caratterizzato queste settimane. Solo una ripartenza psicologica ridarà il gusto di entrare in un negozio».

Anche per questo, Miccini condivide la necessità di un sostegno ai consumi. «Qui riprendo il tema della pace fiscale lanciato da Salvini. Bisogna rimettere in circolazione il contante, per immettere liquidità nelle aziende e rilanciare i consumi. Perché allora non cogliere l'occasione di far riemergere il famoso sommerso? Tanto più che spesso le aziende finiscono nel mirino dell'Agenzia delle Entrate per cavilli burocratici: manca un documento e invece del credito fiscale arriva la multa. È successo anche a noi, che pure solo negli ultimi 5 anni abbiamo dato allo Stato circa 80 milioni fra imposte dirette e indirette.

Ora se lo Stato non fa niente per dare una mano alle imprese, nei prossimi mesi o anche anni le tasse non le incasserà, perché non ci sarà chi le paga».

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