
Si commuove anche il cardinale don Mimmo Battaglia ricordando Martina Carbonaro nella Basilica di Sant'Antonio ad Afragola. Per quattro volte la folla che ieri ha preso parte al funerale della 14enne uccisa dall'ex fidanzato ha interrotto l'omelia dell'arcivescovo di Napoli con un applauso, in particolare quando il prelato, con la voce rotta dall'emozione, ha ricordato che «dire basta non è una condanna, ma un diritto». Invece, per aver detto basta Martina è stata trucidata con una pietra dal suo ex, Alessio Tucci, un ragazzino di 19 anni che diceva di amarla. Ieri c'erano migliaia di persone assiepate sotto il sole all'esterno della Basilica per assistere alla cerimonia dal maxischermo installato sul piazzale antistante, dove c'è stato anche qualche momento di tensione quando i presenti hanno insultato l'assassino, chiedendo «giustizia». «Martina, sei la figlia di tutti noi», urlava la folla mentre all'uscita del feretro venivano fatti volare centinaia di palloncini.
«Martina è morta per mano della violenza. È morta per mano di un ragazzo che non ha saputo reggere un rifiuto, un limite, una libertà, togliendo il futuro non solo a Martina ma anche a se stesso. Martina è morta per un'idea malata dell'amore. Un'idea ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa», le parole toccanti di don Mimmo Battaglia. Chiare e nette contro la piaga sempre più drammatica dei femminicidi.
La 14enne, ha accertato l'autopsia, non è morta subito, ma dopo un'agonia la cui durata resta tuttora da stabilire. Uccisa per un rifiuto, per aver detto no a un abbraccio. «Il suo sangue grida un cambiamento che non possiamo più rinviare. Questo è femminicidio, chiamiamolo con il suo nome. Non è follia. Non è gelosia. Non è un raptus.
È il frutto amaro di un'educazione che ha fallito. Di un linguaggio che normalizza la violenza. Basta parole deboli. Basta giustificazioni», ha scandito il porporato rivolgendosi ai ragazzi presenti chiedendo loro di «stanare pensieri distorti sull'amore».