Ieri il Giornale ha scritto: «I due imputati dovrebbero scontare la pena in carcere. Ma rimarranno in galera per tutto il tempo previsto dalla sentenza (3 anni ndr)? In teoria sì, in pratica è probabile che escano ben prima dei tre anni». Siamo stati fin troppo «ottimisti»: Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni in cella potrebbero non fare neppure un giorno. Per i due trentenni di Arezzo che dieci anni fa tentarono di violentare la studentessa Martina Rossi, provocando indirettamente la sua morte, si profila infatti un percorso più soft: i servizi sociali.
Martina, 20 anni, «nel tentativo di sfuggire allo stupro», il 3 agosto 2011 precipitò dalla terrazza di un hotel a Palma di Maiorca: questa la verità sancita giovedì sera dalla Suprema corte che ha posto fine a un travagliato iter giudiziario (due condanne e un'assoluzione), confermando il verdetto della Corte di appello nel processo bis al Tribunale di Firenze.
Un sentenza che dimezzò i sei anni inflitti nel 2018: un taglio reso possibile dalla sopravvenuta prescrizione per una parte dei reati contestati. Nel 2020 ci fu addirittura un'assoluzione «perché il fatto non sussiste», che però venne cassata dagli ermellini che disposero un nuovo processo, al termine del quale la coppia venne condannata a tre anni per «tentata violenza di gruppo». Il pronunciamento di conferma della Cassazione dell'altro ieri, avrebbe dovuto significare solo una cosa: esecutività della pena, con gli imputati dietro le sbarre. Senza «se» e senza «ma». E, soprattutto, senza ulteriori sconti. Invece no. Ecco in soccorso i servizi sociali. Così - lo scrivevamo già ieri - l'ipocrisia del dogma virtuoso della «dialettica processuale» ha vinto ancora una volta. La prova che l'Italia è la «culla del diritto»? Il contrario. Forse la «culla» dove la Giustizia viene soffocata. Ma - ben inteso - sempre nel pieno rispetto delle leggi. Il che rappresenta un ulteriore paradosso.
Fatto sta che Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, a 24 ore dalla sentenza della Cassazione, hanno chiesto «l'affidamento in prova ai servizi sociali». Con la Suprema corte che, dopo il pronunciamento dell'altroieri, ha subito formalizzato «il decreto di sospensione della pena in attesa che venga disposta la modalità di espiazione della condanna alternativa alla detenzione in carcere». Adesso i due trentenni avranno 30 giorni per chiedere l'affidamento ai servizi sociali. Ma Vanneschi e Albertoni non si fermeranno qui. Faranno ricorso anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo: «Riteniamo che ci siano stati errori clamorosi - spiegano i loro legali -. Ci sono ben 24 testimoni che non sono stati ascoltati. Aspetteremo le motivazioni della Cassazione per ripartire».
E adesso chi lo dice ai genitori di Martina che il loro calvario non è ancora
finito? E che chi dovrebbe stare in carcere finirà ai servizi sociali? Ieri, dopo la sentenza, avevano dichiarato: «Nostra figlia, finalmente, dopo 10 anni di calvario, ha avuto giustizia». Ma ero solo una pia illusione.
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