
Hamas? Ha fatto anche cose buone. Questo, in sintesi, il succo di alcune dichiarazioni, diventate virali negli ultimi giorni, di Francesca Albanese (nella foto), la special rapporteur dell'Onu per i territori palestinesi, già titubante nel definire il gruppo islamista come un'organizzazione terroristica. Il tutto nonostante il massacro del 7 ottobre in Israele, che ha poi scatenato la guerra nella Striscia di Gaza. Le frasi, condivise sui social dall'Ong Un Watch, riprese anche dalla stampa israeliana, sono sconcertanti. Eccole. "Quando si pensa ad Hamas non si deve pensare necessariamente a tagliagole", scandisce subito, come se gli orrori del 7 ottobre fossero quasi in secondo piano rispetto alla natura "politica" dell'organizzazione palestinese. O, addirittura, dell'inquietante Welfare fatto di indottrinamento al terrorismo. Ed è questa l'altra affermazione di Albanese, diventata subito virale sui social. Secondo la giurista italiana "Hamas ha creato un sistema di scuole, ospedali e strutture pubbliche". Peccato che spesso sotto queste strutture si nascondano tunnel per ospitare i miliziani e postazioni di lancio di missili diretti verso Israele. O scuole in cui i giovani vengono indottrinati all'odio verso Israele. "Era, semplicemente, l'autorità di fatto ed è fondamentale che si capisca che quando si pensa ad Hamas non si deve pensare necessariamente a gente armata fino ai denti o combattenti", insiste imperterrita Albanese. Che poi sottolinea la presunta legittimazione popolare dell'autorità degli islamisti nella Striscia. "Io non credo che la gente abbia contezza di cosa sia Hamas: è una forza politica che ha vinto le elezioni, che ci piaccia o no. Quelle sono state definite elezioni veramente democratiche", dice. Eppure, le ultime elezioni legislative palestinesi si sono svolte nel 2006 e da allora ci sono state soltanto elezioni locali. Nel 2007 Hamas prese il controllo della Striscia di Gaza con la violenza, uccidendo diversi membri della fazione rivale di Al Fatah.
Parole, quelle di Albanese, riprese anche dal giornale israeliano Jerusalem Post, che sottolinea come la rappresentante dell'Onu, dopo il pogrom del 7 ottobre, avesse dichiarato che la violenza andasse inserita nel contesto di un'"oppressione" israeliana. Insomma, per Albanese "le vittime del 7 ottobre non sono state uccise a causa del loro ebraismo". E un anno fa la Special Rapporteur ha paragonato Israele "al Terzo Reich". Mentre dieci anni fa, nel 2014, scrisse che gli Stati Uniti erano soggiogati da una "lobby ebraica". Gli stessi Usa definiti, il 25 aprile scorso, "una nazione fondata sul genocidio". Qualche settimana fa Albanese ha pubblicato sui suoi canali social una foto che la ritraeva vicina a un murale dedicato a Liliana Segre, con la citazione, della stessa senatrice a vita "L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa". Post che ha innescato una polemica, perché sembrava un messaggio diretto proprio a Segre, che qualche giorno prima si era rifiutata di definire "genocidio" la guerra a Gaza.
La giurista di origini campane, candidata al premio Nobel per la Pace anche da alcuni settori della sinistra, invece, tentenna quando si tratta di bollare Hamas come "terrorista".
Il 29 maggio scorso, ad Agorà su Rai3, di fronte alla domanda di Francesco Giubilei, che chiedeva se fosse d'accordo con questa definizione, Albanese ha risposto così: "No, le Nazioni Unite dicono questo il fatto che un'entità possa commettere delle azioni terroristiche non la qualifica come gruppo terroristico".