All'Anm prove di dialogo. Nordio cerca di mediare ma i giudici fanno muro. "No alle carriere separate"

A Palermo, Carlo Nordio cerca di ricucire il rapporto con l'Anm

All'Anm prove di dialogo. Nordio cerca di mediare ma i giudici fanno muro. "No alle carriere separate"
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A Palermo, Carlo Nordio cerca di ricucire il rapporto con l'Anm. Il ministro della Giustizia va al congresso nazionale delle toghe, dopo una serie di ripensamenti, proprio in mezzo alle polemiche sul caso Toti e sulle riforme che ricompattano le correnti contro il governo.

Assicura che «l'indipendenza della magistratura giudicante e requirente è un principio non negoziabile», addirittura «un dogma», che non verrà toccato con la separazione delle carriere tra giudici e pm. Spiega che questa riforma la chiedono gli elettori ed è nel programma del centrodestra, ma il ddl costituzionale non è dietro l'angolo, non c'è al momento una data, i tempi saranno lunghi» e «in questo momento si stanno affollando provvedimenti di vario tipo e siamo nel mezzo di una campagna elettorale che riduce di molto le possibilità di riunione del parlamento e dello stesso governo, impegnando le energie dei partiti».

Insomma, Nordio cerca un «dialogo franco» al posto del conflitto tra politica e magistratura, cerca di ammorbidire l'impatto di una riforma fortemente avversata dall'Anm e dall'opposizione, quantomeno prende tempo. Sottolinea che non sarebbe l'anticamera dell'assoggettamento dei pm al governo, come continuano a dire i detrattori, indicando esempi di altri Paesi. «Una contiguità col potere esecutivo è inimmaginabile», dice il pm diventato Guardasigilli. E, con una nota personale: «Mai mi sognerei di entrare in conflitto con la magistratura, io che sono stato magistrato per 40 anni e ho svolto il mio lavoro credo con dignità e onore». Accetta il dissenso e «le critiche sono benvenute, a meno che non travisino i fatti», ma per lui il confronto è possibile su due punti.

Uno: la separazione delle carriere avverrebbe «nel principio della dichiarazione di Bordeaux, che prevede la netta distinzione tra magistrati del pubblico ministero e magistrati giudicanti, e un'assoluta indipendenza dei pm nei confronti di qualsiasi autorità a cominciare dal potere esecutivo». Due: nello sdoppiamento del Csm «la prevalenza dei magistrati togati sarà assoluta».

Il pubblico, però, rumoreggia. Nella seconda giornata del congresso il clima non sembra cambiato sulla riforma, spinta soprattutto da Forza Italia. Dice il presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia: «Abbiamo ascoltato il ministro e vedremo il testo, ma certo la riforma rende più deboli i magistrati e, tra i tanti problemi della giustizia, la separazione delle carriere non è una priorità». Lui è del cartello di sinistra Area, ma anche il segretario dell'Anm Salvatore Casciaro, della corrente moderata Magistratura indipendente, conferma al Giornale: «Di fronte a Nordio c'era un uditorio attento ma non convinto dalle sue parole. Siamo tutti in dissenso col ministro sulla separazione delle carriere, ascoltiamo le sue assicurazioni, ma sappiamo che la riforma cambierà gli equilibri». A far da sponda alle toghe c'è la segretaria del Pd Elly Schlein: «No alla separazione delle carriere, è l'anticamera della sottomissione dei magistrati all'esecutivo». E parla di «magistratura mal tollerata con atteggiamento muscolare e aggressivo» e di governo «insofferente verso l'equilibrio dei poteri».

A Palermo vola anche il leader di Italia viva, Matteo Renzi, che con le toghe non ha un buon rapporto e appoggia dall'opposizione le riforme della giustizia.

La «guerra dei trent'anni tra giudici e politica», spiega, nasce dall'«esasperazione del rapporto tra magistratura, politica e giornalismo che crea un corto circuito». E sulle intercettazioni (vedi i casi Consip e Open): «Da indagato e familiare di persone sottoposte a indagini, ho capito quanto sia pesante l'intrusione, del tutto legittima, nella vita privata delle persone».

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