
Da tuta e borsello alla kefiah, sola andata. A Milano 58 poliziotti feriti, 5 arresti e due denunce, 7 i poliziotti feriti a Bologna, 4 a Napoli, 4 a Brescia, cinque nelle altre città, con altri quattro arresti tra i manifestanti e 11 denunciati. Ma, soprattutto negli scontri alla stazione Centrale di Milano, l'elemento spiazzante solo loro: i maranza. Finora sinonimo di trap e periferia, questi esponenti di una subcultura urbana che spiccava per il disimpegno hanno fatto il salto nell'attivismo nel segno della causa palestinese. Che ha fatto breccia anche tra questi ragazzi, spesso di origine maghrebina anche se quasi sempre nati in Italia. Tra i "soliti" anarchici e i volti noti degli antagonisti dei centri sociali, i tradizionali "professionisti dei disordini", a spiccare nelle immagini degli scontri milanesi ancora al vaglio degli inquirenti per individuare altri responsabili delle violenze sono loro, vero elemento di novità della guerriglia urbana nel capoluogo lombardo.
Molti di loro sono giovanissimi, spesso minorenni, come detto quasi sempre italiani e di seconda generazione. Fino a ieri esprimevano la propria identità solo con outfit sportivi di marca e slang mutuati dalla trap. "Non militanti" per definizione, meno che mai politicizzati. Ma, come detto, due giorni fa erano in prima linea, per motivi soprattutto identitari. Purtroppo, però, invece di limitarsi a manifestare per fermare la violenza in corso a Gaza, hanno scelto di affiancare anarchici e disobbedienti negli scontri con polizia e carabinieri.
Una novità, senza dubbio. Ma un fenomeno non inatteso, e in un certo senso annunciato. Basta scorrere l'ultima relazione annuale della nostra intelligence al Parlamento per scoprire che i nostri servizi avevano già segnalato il rischio di una diffusione di fenomeni di violenza giovanile, chiarendo che andavano tenuti d'occhio non solo per "monitorare gli indicatori sociologici da cui promana", ossia "contesti territoriali contrassegnati da emarginazione e degrado", ma anche per giocare d'anticipo nel contrastare "eventuali fattori di trasmissione delle pulsioni aggregative". Come i social, che sono divenuti un veicolo di mobilitazione per aggregazioni giovanili informali e prive di precedenti esperienze militanti.
La crisi umanitaria in atto a Gaza ha fatto il resto. Sono ancora i nostri servizi a ricordare come proprio "la mobilitazione in solidarietà del popolo palestinese si è infatti progressivamente qualificata come il principale connettore del dissenso". Finendo per unire i professionisti del disordine, sempre presenti negli scontri con le forze dell'ordine, con chi dall'attivismo era mille miglia lontano: i maranza. Quelle sottoculture giovanili urbane a cui gli 007 invitavano a prestare attenzione diventano, adesso, massa critica nei cortei. Prestando manovalanza di strada a componenti antagoniste più strutturate. È quello che si è visto a Milano Centrale.
Dal festoso delirio (con intemperanze) per il Marocco in semifinale mondiale nel 2022 agli scontri dell'altro giorno. Da fenomeno di costume a soggetto di piazza. Un salto che, tra bottiglie e transenne scagliate contro poliziotti e carabinieri, si è compiuto due giorni fa.