
Truppe italiane a rischio se gli Usa bombardassero l'Iran. Le milizie sciite in Iraq, Libano e Yemen hanno minacciato di colpire gli americani, ma a parte gli Houti che continuano a lanciare missili, gli altri giannizzeri di Teheran non hanno sparato un colpo dall'attacco israeliano. Il contingente italiano più vicino alla linea del fronte è composto dai 1.100 uomini in Iraq e Kuwait. L'Italia partecipa anche all'operazione Agenor che garantisce la sicurezza dello stretto di Hormuz, zona calda minacciata dagli iraniani, con un contributo nazionale previsto di 2 assetti aerei ed una nave che al momento non è dispiegata in teatro. In Iraq ci sono stati degli spostamenti minimi, "per esigenze di maggiore operatività" fanno sapere fonti della Difesa, ma nessuna evacuazione. Anche se le milizie filo iraniane sono, a parole, sul piede di guerra. Un'area sempre a rischio è il mar Rosso dove opera il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria nella missione europea Apsides, che fronteggia missili e droni dello Yemen scortando il naviglio mercantile. Hezbollah in Libano ha annunciato rappresaglie se gli israeliani uccideranno la guida suprema iraniana Alì Khamenei. In mezzo ci sono sempre i caschi blu italiani con la novità che dal 24 giugno il generale Diodato Abagnara assumerà il comando di tutta la missione Unifil nel sud del Libano. I nostri militari non hanno un'adeguata protezione anti-missili e l'unica alternativa, se riesplode il conflitto fra Hezbollah ed Israele, è chiudersi nei bunker.
Un paio di giorni fa i responsabili del Dipartimento di stato al Baghdad support center, un'area protetta vicino all'aeroporto della capitale irachena, hanno indetto una riunione con gli alleati, compresi gli italiani, spiegando che è prevista l'evacuazione se Trump deciderà di attaccare l'Iran. Alcuni carabinieri, che addestrano la polizia federale, sono stati spostati da Nord nel Kurdistan iracheno a Sulemanya, ad un'ora dal confine iraniano e altri da Baghdad in Kuwait nella base aerea di Ali Al Salem. Nessuna riduzione di truppe o evacuazione, ma "ridisposizione in altre basi" fanno sapere dalla Difesa. Quella più a rischio, oltre Baghadad, è il campo Singara ad Erbil, capoluogo del Kurdistan, con 700 uomini fra componente terrestra ed aerea. In Kuwait abbiamo droni Predator e caccia Eurofighter, ma solo per ricognizione ed esercitazioni.
Gli stessi iraniani hanno lanciato in passato missili sulla base americana di Erbil, all'aeroporto, accanto alla nostra, ma ben difesa da intercettori Patriot e dal sistema anti drone Coyote. Dopo l'attacco israeliano un velivolo senza pilota è stato abbattuto mentre si avvicinava al consolato americano di Erbil. "Dal 2023 abbiamo registrato dozzine gli attacchi delle milizie filo iraniane alle basi alleate in Iraq - spiega una fonte militare del Giornale - Ma nell'ultima settimana sono molto cauti. Il governo iracheno e gran parte della popolazione non vuole un'altra guerra in casa".
Le milizie filo iraniane più estremiste come Kataib Hezbollah e Nujaba promettono sfracelli, ma il vero problema è che i gruppi armati sciiti, sotto il cappello delle Forze di mobilitazione popolare sono praticamente integrati nell'esercito iracheno.
Un fronte che potrebbe riesplodere è quello di Hezbollah nel Sud del Libano, dove abbiamo 1.256 militari, 374 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei.
E ieri gli Houti hanno annunciato che "se gli Stati Uniti parteciperanno all'aggressione contro l'Iran attaccheremo le loro navi commerciali e da guerra nel Mar Rosso". In mezzo c'è anche nave Doria e davanti allo stretto di Bab el Mandeb e lo Yemen la base italiana Amedeo Guillet a Gibuti.