"Allora neanche per gli armamenti". Conte insiste con il "ricatto"

Non arretra di un millimetro il leader del Movimento 5 Stelle che ritorna a parlare in maniera polemica delle spese militari

Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte
Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte

“Ci è stato ribadito più volte che gli scostamenti di bilancio non si possono fare, allora non li facciamo neppure per gli armamenti”. Non arretra di un millimetro il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che, nel corso del convegno al Senato sul tema: “Italia e Ue: Indipendenza energetica e sfida Eco-Digital”, ritorna a parlare in maniera polemica delle spese militari. L’ex premier, che in maniera discutibile si è messo di traverso all'incremento dei fondi alla Difesa, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un commento secco al lungo post dei pentastellati, confermando, con quello che sembra essere una sorta di ricatto, la contrarietà alla corsa agli armamenti. “Questa è la posizione del M5S – ha scritto –questa è la posizione che guarda all'interesse del Paese e ai bisogni dei cittadini. Non intendiamo fare passi indietro”.

Con un post sui social, incorniciato da una tabella, il Movimento ha cercato di scrollarsi di dosso le accuse di coloro che evidenziano come proprio durante il periodo dei governi Conte ci sia stato un aumento degli investimenti militari. “Da giorni si ripete questo mantra – hanno affermato i pentastellati – solo per screditarci e sminuire la nostra posizione”. Gli esponenti dei 5 Stelle invitano a guardare con attenzione la tabella, basata su dati ufficiali del ministero della Difesa che ogni anno definisce il cosiddetto bilancio integrato in chiave Nato, ovvero ciò che conta ai fini del calcolo dell'Alleanza atlantica sull'incidenza delle spese miliari sul Pil.

Ma i numeri parlano chiaro, gli incrementi in quel periodo ci sono stati, nonostante i pentastellati si giustifichino dicendo che siamo di fronte ad aumenti fisiologici per l'adeguamento - soprattutto tecnologico - della Difesa, con incrementi annui nell'ordine di 1,6/1,8 miliardi l'anno (ovvero meno dello 0,1% del Pil) comprensivi degli stanziamenti straordinari per il potenziamento della sanità militare legati all'emergenza Covid, che incidono per circa il 7/8% sugli incrementi annui. Insomma, in parole povere, negano la corsa agli armamenti, seppure la spesa per la Difesa a quel tempo è aumentata. Una contraddizione con ciò che si sta affermando in questi giorni.

“Non mettiamo in discussione gli impegni internazionali – hanno sottolineato i pentastellati – come quello del 2% del Pil per investimenti militari, ma la tempistica stabilita in via indicativa nel 2014, cioè in un'altra era politica, sociale ed economica va rimodulata alla luce delle gravi crisi ancora in atto, pandemica ed energetica. Noi diciamo che quel target, che solo dieci membri Nato su trenta (tra cui Usa e Uk) hanno finora raggiunto, non può essere considerato un dogma indiscutibile a cui inchiodare le nostre scelte di spesa pubblica in un momento in cui le priorità sono altre”.

Per i 5 Stelle è fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi di euro la spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi euro l'anno nelle prossime due leggi di Bilancio e ciò tecnicamente, secondo i loro calcoli, non sarebbe sostenibile.

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