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Alto Adige, la provocazione degli Schuetzen: coprono la scritta tedesca su 600 cartelli stradali

Il gruppo ha voluto protestare contro la questione irrisolta della toponomastica. Ferma condanna da parte di Fratelli d’Italia che parla di azione eversiva

Alto Adige, la provocazione degli Schuetzen: coprono la scritta tedesca su 600 cartelli stradali

Clamorosa azione di protesta in Alto Adige degli Schuetzen. I cosiddetti “Cappelli piumati” hanno coperto, su 600 cartelli stradali che indicano il nome delle località all'inizio dei paesi, la dizione in lingua tedesca con un adesivo con la scritta "DNA-seit 97J Deutsch nicht amtlich", cioè "lingua tedesca non ufficiale da 97 anni".

Gli Schuetzen hanno, così, voluto denunciare la questione della toponomastica che considerano ancora irrisolta e, per farlo, hanno scelto una data simbolica: il compleanno di Ettore Tolomei, autore del prontuario dei toponomi altoatesini, nato il 16 agosto 1865 e considerato tra i più significativi esponenti dell'irredentismo italiano.

Una provocazione, quella messa in atto dagli eredi delle milizie popolari dell'eroe nazionale tirolese Andreas Hofer,oggi legalmente riconosciuti come associazione culturale nonostante abbiano un'organizzazione paramilitare, che fa ritornare l’attenzione sulla questione della toponomastica in Alto Adige.

Nella Provincia autonoma, infatti, il bilinguismo è tutelato dalla legge perché esistono due comunità linguistiche diverse: quella tedesca, di cui fa parte quasi tre quarti della popolazione, e quella italiana.

Nonostante la toponomastica sia ovunque in doppia lingua, non c'è ancora una legge che ufficializzi i nomi in tedesco. L’intricata questione dura da circa un secolo, quando l’Alto Adige fu annesso all’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Il Fascismo abolì la toponomastica tedesca. Quest’ultima, però, venne ripristinata al termine del secondo conflitto mondiale senza una legge che la riconoscesse ufficialmente.

Nel 2012, la Südtiroler Volkspartei, partito di governo locale che rappresenta gli interessi del gruppo linguistico tedesco, ha approvato una norma che ufficializzava i nomi in tedesco cancellando quelli in italiano. La legge, molto discussa, è stata impugnata dinnanzi alla Corte Costituzionale e abrogata il 13 aprile di quest'anno.

La protesta degli Schuetzen è iniziata da Salorno, località sul “confine” tra Alto Adige e Trentino, considerata come la frontiera meridionale del grande Tirolo sognato da molti nostalgici di lingua tedesca, a partire dal movimento popolare secessionista della Suedtiroler Freiheit.

L’azione provocatoria è stata duramente contestata da Fratelli d’Italia. “Ricordo sommessamente agli Schützen altoatesini che si trovano in Italia e che il loro territorio gode di autonomia anche grazie alla tutela della minoranza linguistica. Certi atteggiamenti eversivi non possono essere più tollerati all'interno dei confini italiani”, ha dichiarato il deputato Luca De Carlo, commentando l'iniziativa provocatoria dei “Cappelli piumati”.

Gli Schützen, continua l’esponente di Fdi, “godono di una tutela e autonomia anacronistica oggi, in un mondo sempre più globalizzato, anche in virtù di accordi internazionali. Confido vengano presi provvedimenti contro chi mette in atto e giustifica sceneggiate eversive, intollerabili e inaccettabili. Ancora più intollerabile è la loro rivendicazione: non è giusto che per un eccesso di tolleranza verso un altro gruppo etnico e per la pacifica convivenza il gruppo linguistico tedesco debba accettare tutto. L'altro gruppo etnico, come loro lo definiscono, è quello italiano, quello del loro Stato: sono in Italia, è ora che se ne facciano una ragione”.

Il consigliere provinciale di Bolzano L’Alto Adige nel cuore Fratelli d’Italia, Alessandro Urzì, ha dichiarato di essere pronto a presentare una denuncia formale “per sabotaggio presso le autorità già in giornata perché sia accertata la responsabilità nella grave manomissione della segnaletica stradale in provincia di Bolzano da parte degli Schuetzen ma soprattutto sul grado di pericolosità sociale di una organizzazione con struttura paramilitare (strutture che la Costituzione non dovrebbe ammettere) che in poche ore in una intera provincia riesce a mobilitare decine se non centinaia di persone per una azione di danneggiamento di beni pubblici”.

“Se una organizzazione paramilitare mobilita centinaia di persone in una notte per sabotare la circolazione stradale questa organizzazione crea un gravedanno alla sicurezza stradale ed alla cosa pubblica, non usa più metodi democratici e appare porsi fuori dalla legge e come tale va finalmente riconsiderata la sua legittimità”, ha concluso Urzì.

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