
La toppa è peggio del buco. E stavolta Francesca Albanese sembra essersi infilata in un vertiginoso vicolo cieco di oltranzismo e protervia ideologica. Così, dopo il caso Reggio Emilia sembra diventata un imbarazzo, per la sinistra, la relatrice Onu che si muove da leader del movimento pro Pal.
È domenica sera quando incappa nell'ultimo increscioso scivolone: lascia stizzita una trasmissione tv a La7 nel momento in cui un altro ospite, Francesco Giubilei, firma del Giornale, fa il nome di Liliana Segre, per citare la posizione della senatrice a proposito del presunto "genocidio" che molti - Albanese in testa - vedono in atto a Gaza e che molti altri (tra cui Segre) non ravvisano, pur critici.
Al di là del merito della questione, l'uscita di scena colpisce molti e meno di 24 ore dopo - avendo evidentemente avvertito delle sensazioni negative intorno alla sua performance - Albanese cerca di correre ai ripari, con effetti a dir poco discutibili. Rilascia infatti al giornale on line "Fanpage" un'intervista che peggiora le cose in termini di stile. Con dubbio gusto, parla di una "pietra di inciampo della logica": "Se una persona ha un tumore - spiega - non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia ma da un oncologo". "C'è chiaramente un condizionamento emotivo che non la rende imparziale e lucida davanti a questa cosa" aggiunge riferita alla senatrice.
Da Segre e dai suoi familiari, nessun commento. Di reazioni intanto, ne arrivano molte. "Un gesto che parla da sé e che mostra il suo vero volto" dice l'ambasciatore israeliano Jonathan Peled. Dai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini al presidente del Senato Ignazio La Russa è una pioggia di messaggi di solidarietà per Segre. Il Pd, in grave imbarazzo, prova a cavarsela accusando gli avversari di voler strumentalizzare la senatrice, anche se a prevalere sono i silenzi.
La via d'uscita offerta dai dem non dispiace alla relatrice, che a metà pomeriggio twitta: "Ho lasciato InOnda all'ennesima strumentalizzazione del nome della senatrice Segre per negare il genocidio a Gaza". E attacca "l'opinionista di turno-negatore del genocidio", accusandolo di fare "caciara", e ricordando che "mi aveva sentito per ben due volte dire che alle 9 sarei andata via". In effetti qualche avvocato d'ufficio prova a difenderla ricordando gli "impegni" preannunciati. Eppure, quello non pare un saluto, quanto un rifiuto del confronto. "Ho grandissimo rispetto per la senatrice Segre, una persona che ha vissuto traumi indicibili - dice ancora Albanese a Fanpage - Per questo sostengo che ci sono gli esperti e che non è la sua opinione, o la sua esperienza personale, a stabilire la verità su quanto sta accadendo". E tra gli esperti figura lei.
Il "genocidio" - questo è il punto - è l'architrave su cui poggia tutta la "narrazione" ostile a Israele, di cui Albanese è diventata una paladina, una vera e propria influencer, pur rivendicando un profilo da esperta. "L'interlocuzione con chi non ha conoscenze del tema è impossibile. Io sono una giurista, una tecnica" ribadisce Albanese, che però ha interloquito con l'ex grillino Alessandro Di Battista e altri politici che non sono esattamente degli accademici del diritto.
La giurista Albanese, secondo molti, avrebbe velleità politiche. Velleità che però - al termine di una giornata agitatissima - si complicano. La sua stella si stava già silenziosamente oscurando anche a sinistra dopo il penoso spettacolo di Reggio, dove ha imposto una agghiacciante umiliazione al povero sindaco Pd Marco Massari che - premiandola - ha osato ricordare gli ostaggi israeliani. Solo la sinistra di Bologna, oggi, può avventurarsi un premio bis.
Il Pd sembra freddo. Iv la attacca. E Luigi Marattin, Partito liberaldemocratico, la liquida severo: "Ai tempi in cui la politica era una cosa seria non l'avrebbero fatta neanche fatta entrare in una sezione di partito".