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Altro che Papeete bis. La strategia di Salvini è restare al governo e rilanciare su Letta

"Questi ci vogliono fuori dal governo per farsi gli affari loro, ma noi restiamo e facciamo le nostre riforme". Matteo Salvini lo ripete ai suoi da giorni.

Altro che Papeete bis. La strategia di Salvini è restare al governo e rilanciare su Letta

«Questi ci vogliono fuori dal governo per farsi gli affari loro, ma noi restiamo e facciamo le nostre riforme». Matteo Salvini lo ripete ai suoi da giorni. E ieri, dopo una giornata di schermaglie, lo scandisce anche sui social: «Letta e Grillo vogliono la Lega fuori dal governo per approvare Ius Soli, Ddl Zan e patrimoniale? Poveri illusi». Altro che Papeete: il leader della Lega sa benissimo che il governo andrebbe avanti anche senza di lui e vede come vero strappo il restare nel governo per mettere in difficoltà Enrico Letta e il Pd.

Eppure ieri Repubblica, raccogliendo le dichiarazioni del Capitano dopo l'esito favorevole del caso Gregoretti, ha dipinto un Salvini intento a dettare un calendario verso le elezioni. Prima vincendo la sfida nel centrodestra: «Il sondaggio si fa il giorno del voto, a partire dalle amministrative». Poi candidando Draghi per il Colle: «Avrà nella Lega un sostegno totale». Scenario che fisserebbe a inizio 2022 la fine dell'anomalo esperimento di governo. Ma, dice un esponente di primo piano della Lega, «la verità è che secondo noi Draghi non ha alcuna intenzione di spostarsi sul Colle, vuole portare a termine la sua missione per il Paese».

Dunque il convinto endorsement salviniano per l'ex presidente della Bce ha tutt'altro scopo: far capire che la Lega giocherà «la madre di tutte le battaglie», come la chiama Clemente Mastella, all'interno della maggioranza, sfruttando le contraddizioni del Pd che, dice Salvini, «ha almeno dieci pretendenti al Colle».

La strategia è tracciata: Letta continuerà a lanciare sul tavolo del governo temi identitari. «Ma così -dice Salvini al Corriere della sera- più che me alla fine attacca Draghi». Salvini giocherà d'anticipo per mettere in difficoltà Letta su temi urticanti per il Pd. Dopo il proscioglimento a Catania, Matteo sente di avere di nuovo le mani libere sull'immigrazione.

Significativo che le due interviste date ieri dal leader leghista siano riportate in modo opposto da Corriere e Repubblica. Per il quotidiano di Cairo, Salvini invoca «una riforma seria della giustizia o il referendum». La sintesi di Repubblica, al contrario, è che «questo governo non potrà fare le riforme di fisco e giustizia». «Vogliono farmi passare per il guastafeste», chiosa Salvini.

E infatti Letta ieri si è fiondato a commentare l'interpretazione di Repubblica lanciando il guanto di sfida: «Salvini dice che non si fanno le riforme. Allora tiri le conseguenze ed esca dal governo». Proclami che servono al segretario del Pd per tentare di unire i suoi contro il nemico comune. Ma la Lega ha tutta l'intenzione di rilanciare con mosse come l'adesione al referendum radicale sulla giustizia, su cui intende chiedere l'appoggio di Forza Italia.

Letta oltretutto è alle prese con le difficoltà interne. Nella Direzione nazionale Pd dell'altroieri perfino Goffredo Bettini ha messa in dubbio l'allenza con i 5s. Il percorso è tutto da costruire e Letta ha scelto la strada lenta e faticosa delle Agorà del partito, tanto che l'adesione annunciata ieri dall'assemblea di Articolo Uno è bastata a far gioire il Pd. C'era anche Giuseppe Conte e Roberto Speranza ha tentato di ricucire lo sfacelo delle amministrative dove i giallorossi non esistono: «Dobbiamo dire che laddove non troveremo un accordo al primo turno, sosterremo il candidato di chi è riuscito ad arrivare al secondo turno». Impegno al momento non così scontato come nota perfino il capo-Sardina Mattia Santori: «C'è discrepanza tra unione predicata e realtà frammentata». Nelle città il centrodestra ha difficoltà di altro tipo. «Le candidature dei giallorossi sono passate da uno vale uno a vale uno qualunque -ironizza il responsabile della Lega nel Lazio Claudio Durigon- l'occasione non va persa, per questo a Roma voglio convincere Bertolaso».

Le elezioni anticipate ora sono una chimera. «Se qualcuno volesse votare -punge Gianfranco Rotondi- sarebbe ripreso il percorso della legge elettorale.

Invece la mia proposta, proporzionale puro attraverso la mera abolizione della quota uninominale del Rosatellum, è l'unica depositata in Parlamento in questa legislatura».

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