Altro muro in Slovenia, tutti verso il Friuli

Mentre l'Europa tenta di trovare un accordo sulle quote dei migranti da redistribuire e di superare il fuoco di fila sollevato dal blocco dell'Est, la polveriera dei Balcani è allo stremo, stretta in un flipper impazzito fatto di filo spinato e cordoni sfondati. Dopo l'ultima barriera ungherese, un altro muro si è alzato, ieri, sulla linea di boschi e prati che a Bregana separa la Croazia dalla Slovenia. Lo ha deciso il governo di Lubiana, dopo che sul suo territorio si sono riversati in tre giorni quasi tremila migranti provenienti da Zagabria - di questi solo sette hanno richiesto asilo - pronti a dirigersi in Austria e Germania. Quelli che sono riusciti a entrare in Slovenia, forzando il cordone antisommossa nei pressi del villaggio di Harmica si sono incamminati a nord, lungo l'autostrada, molti sono stati inseguiti, fermati, fatti salire sui pullman e portati nei vicini centri di accoglienza, tra cui quello di Postumia, ad appena 25 km dall'Italia. Altri sono riusciti proseguire e a puntare dritto verso l'ultima vera porta, dopo quella di Schengen. Il valico di Spielfeld: di là è già Vienna. In mezzo, però, c'è il presidio della polizia austriaca che tenta di regolare gli ingressi per non portare il Paese all'implosione. L'alternativa è lo sfondamento. E quando gli agenti sono pochi, è facile. Così nella notte un gruppo di cento migranti a cui era stato impedito l'accesso è riuscito a entrare nel Paese superando la manciata di poliziotti schierati sul confine: «Non abbiamo potuto fermarli perché sono arrivati in massa», ha detto un portavoce del governo austriaco, ammettendo che al valico si trovava un numero insufficiente di uomini. Ed è un esercito, invece, da centinaia di migranti quello che si gonfia di ora in ora premendo dalla Slovenia, che si aggiunge a quello da migliaia di profughi ancora accampati lungo le strade e i varchi tra Croazia e Ungheria. Difficile dire quanto a lungo Vienna sopporterà l'esodo, ma l'eventualità che il governo austriaco reagisca, blindando tutti i confini, anche quelli italiani, fa tremare il Nordest. Il piano b, l'opzione due, infatti, si chiama Gorizia, ma anche Trieste e Tarvisio. Ieri una riunione «tecnica» al dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale, con i questori e i dirigenti della polizia di frontiera delle aree di confine, si è conclusa con una semplice presa d'atto della seconda potenziale emergenza che condannerebbe l'Italia al doppio assedio via mare e via terra. Nulla di più di un'analisi degli scenari che sfiorano il Friuli Venezia Giulia e la promessa che «saremo pronti a reagire in caso di criticità» con l'invio di uomini e mezzi. Che a oggi «sono insufficienti».

L'allarme arriva dal sindacato autonomo di polizia del Fvg: «Mentre le istituzioni discutono, noi non vorremmo scoprirci soli a fronteggiare l'ennesima annunciata emergenza».

Oggi, intanto, l'Ue affronta il problema dei ricollocamenti: Germania, Francia e Spagna sono i paesi destinati ad accogliere più migranti, mentre sembra confermato il meccanismo delle multe per chi non accetta le quote.

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