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"Alzano e Nembro zona rossa" La carta del Cts inguaia Conte

Ecco il verbale più atteso. Gli esperti raccomandarono il lockdown immediato. Ma il governo agì in ritardo

"Alzano e Nembro zona rossa" La carta del Cts inguaia Conte

"I l Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell'infezione nelle aree contigue".

Ecco la raccomandazione degli esperti: chiudere anche Alzano e Nembro, circoscrivere la diffusione del virus creando un'altra zona rossa. Nero su bianco nel verbale della riunione del Comitato tecnico scientifico del 3 marzo, che è finito sul tavolo della Procura di Bergamo e che ieri è stato reso pubblico dal consigliere lombardo, Niccolò Carretta, che aveva fatto una richiesta alla Regione di accesso agli atti. Sicuramente il documento più atteso, quello che mancava nella rosa dei verbali resi pubblici due giorni fa dal governo, che non contenevano rivelazioni clamorose ma dai quali è emerso in modo evidente come i suggerimenti ed i consigli degli scienziati del Cts siano stati in più occasioni disattesi dal governo. Anche nel caso di Alzano e Nembro. Perché quella raccomandazione non fu accolta dal premier Giuseppe Conte?

Quei verbali, assicura Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, «non sono stati desecretati, perché non sono mai stati segreti. Sono stati considerati riservati perché non volevamo creare panico e agitare l'opinione pubblica».

Con un salto indietro di cinque mesi torniamo al 2 marzo quando il vice ministro Pierpaolo Sileri (che di lì a qualche giorno si scoprirà positivo al Covid) va negli uffici della Protezione civile e, racconta lui stesso, viene «informato del fatto che c'era una preoccupazione sul Bergamasco, ma nessuno disse la zona va chiusa: si disse che la chiusura era un'opzione». In quello stesso giorno Sileri visita il Sacco a Milano racconta di pazienti gravi e poi di giornate concitate che portarono a «chiudere tutta l'Italia», la «scelta migliore» per Sileri. Ma siamo già al 9 marzo.

Il coronavirus in quei giorni va al galoppo. E se è vero che il 2 marzo non si pensava ad altre zone rosse, il 3 il quadro è già cambiato perché sul tavolo del Cts arrivano dati che agli occhi dei virologi e degli epidemiologi suonano come una sirena di allarme. «Nel tardo pomeriggio sono giunti all'Istituto superiore di sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro... - è scritto nel verbale del 3 marzo - I due Comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili a un'unica catena di trasmissione. Ne risulta pertanto che l'Rzero (indice di contagio) è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio».

I fattori di rischio ci sono tutti e messi insieme inducono il Cts a consigliare la chiusura. Consigliare certo perché la decisione spetta al governo che però temporeggia. Il 4 marzo il ministro della Salute, Roberto Speranza, va a Milano e dagli uffici della Regione lancia un messaggio di attenzione e di solidarietà per tutti i cittadini delle aree più colpite, invita a rispettare le regole ma non fa cenno alla situazione critica della Val Seriana. Possibile che anche lui non avesse letto il verbale e non ne avesse parlato con il premier?

Il giorno dopo, siamo al 5 marzo, in provincia di Bergamo si presentano circa 400 uomini tra poliziotti, carabinieri e finanzieri. Per fare che cosa? Sembra scontato che siano lì per chiudere le aree a rischio, Alzano e Nembro, con presidi e blocchi stradali per i controlli come è già accaduto per Codogno. Ma invece la chiusura non ci sarà. Il gestore dell'Hotel Continental di Osio Sotto racconterà poi di aver ospitato nella struttura un centinaio di carabinieri per tre giorni. Ma l'ordine di chiusura non è mai arrivato.

Intanto l'epidemia galoppa: in terapia intensiva in una settimana i ricoverati sono schizzati a oltre 500. La sera del 7 marzo filtra la notizia che dal giorno successivo per la Lombardia e 14 province del Nord sarebbe scattata la chiusura.

L'assalto alla stazione di Milano e l'esodo verso Sud porta alla chiusura del 9 marzo decretata con lo slogan «Io resto a casa».

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