
Quando lo scorso anno nelle sale cinematografiche uscì il film di Alex Garland Civil War in cui si raccontava una guerra civile ai nostri giorni negli Stati Uniti, molti spettatori pensarono a un implausibile futuro distopico ma, poco più di un anno dopo, c'è chi inizia a rivalutare l'ipotesi di uno scenario di questo genere. L'assassinio di Charlie Kirk segna infatti uno spartiacque nella storia politica americana recente forse ancora di più dell'attentato a Donald Trump. Sia perché Kirk è stato ucciso sia perché, pur essendo un noto personaggio pubblico, non era un politico ma un attivista e, se si arriva al punto di rendere un bersaglio chiunque esprima idee conservatrici significa che il livello dello scontro ha fatto un pericoloso salto di qualità. La polarizzazione della società americana negli ultimi anni non è un mistero, ma l'attentato a Kirk potrebbe rappresentare il passaggio dalla "culture war" alla "civil war".
Il giornalista statunitense Scott McConnnell ha firmato un articolo su The American Conservative intitolato "L'assassinio di Charlie Kirk potrebbe cambiare tutto" spiegando che "il momento presente sembra avere una portata enorme, ma le conseguenze sono difficili da prevedere". Secondo McConnell "l'assassinio di Charlie Kirk potrebbe un giorno essere visto come un primo passo verso una svolta radicale: una guerra civile il cui vincitore non è scontato (a parte la Cina), che porterà alla rivoluzione socialista, all'autoritarismo di destra o alla disgregazione degli Stati Uniti". Il giornalista conservatore aggiunge "secondo un crescente numero di opinioni autorevoli, i presupposti per una guerra civile negli Stati Uniti esistono".
Sul New Yorker Antonia Hitchens si è invece interrogata sul rischio di una guerra civile raccontando come il movimento Maga ha reagito all'uccisione di Kirk: "A Washington Dc e online, la gente ha pianto l'attivista di destra e alcuni hanno chiesto vendetta". La giornalista ha passato la sera dell'omicidio nella capitale: "Pensavo che la gente si sarebbe radunata al Butterworth's, una sorta di club informale del Maga, per piangere Kirk. State attenti là fuori, mi aveva detto uno dei presenti. Spero che non si trasformi in una guerra civile".
In effetti sui social l'account Libs of TikTok (seguitissimo dal mondo giovanile repubblicano) dell'influencer Maga Chaya Raichik, subito dopo l'uccisione di Kirk, ha scritto: "Questa è guerra". Intervenendo nel suo programma in streaming Steve Bannon ha aggiunto: "Lo avevano avvertito: Ehi, Charlie, sei la persona più esposta di chiunque altro in questo movimento" aggiungendo "Kirk è una vittima della guerra. Siamo in guerra in questo Paese".
In questo clima il New York Times ha spiegato come "la menzione di Civil war è cresciuta online dopo l'assassinio di Kirk" spiegando che "il termine è stato invocato in modo crescente sui social network dopo i principali momenti politici, sottolineando le divisioni tra gli americani". Intanto giovedì sera all'Mcc di Budapest è stato organizzato un convegno intitolato "La guerra civile arriverà in Occidente?" a cui ha partecipato lo studioso britannico David Betz, direttore del dipartimento di Studi sulla Guerra del King's College di Londra. Betz ha affermato che "la guerra civile sta arrivando" precisando "mi dispiace, ma non credo che al momento ci sia una soluzione pacifica".
Una "soluzione pacifica", ha aggiunto, significherebbe un modo politico per risolvere questi conflitti ma "una certa sinistra ha chiuso ogni strada attraverso la cancellazione dei dissidenti e altri mezzi" perciò "stiamo entrando in una nuova era di guerre sporche, di Anni di Piombo". A giudicare da certe reazioni (anche in Italia) di opinionisti e giornalisti di sinistra all'uccisione di Kirk non gli si può dare torto.