«Piuttosto che normale ho scelto di essere felice». E se alla fine la strada per la felicità è più pericolosa di quella per la normalità, pazienza. Silvia Costanza Romano, ventitré anni, la cooperante nelle mani di un commando forse dell'Isis da qualche parte di quel Kenya che aveva imparato ad amare negli ultimi anni, lo aveva messo in qualche modo in conto. Certo non avrebbe mai immaginato questo, ma nemmeno una vita sul divano, accidentaccio.
Lei è una puledra di razza. Non cerca mai la strada più pianeggiante. E i colleghi e gli amici la avevano dissuasa dall'esilio in quel villaggio della contea sudorientale di Kilifi, Chakama, che lei preferiva perché non c'erano orari e non c'erano regole. A lei trasformare la sua azione di cooperante in un lavoro da travet della solidarietà non piaceva. Ed era un po' quello che le era sembrato nella sua prima esperienza in Kenya, quella fatta la scorsa estate in un orfanotrofio della caotica Likoni, a due passi da Mombasa. In Kenya era voluta tornare ma in un contesto diverso, più selvaggio, più a contatto con quella povertà e quella vitalità da cui lei traeva nutrimento. E, purtroppo, con meno sicurezza.
Silvia Costanza è di Milano. Vive nella zona orientale della città ed è uno spirito inquieto. Si è laureata lo scorso febbraio alla Ciels in Progettazione e integrazione multiculturale e nelle foto che ha postato su Facebook appare raggiante, vestita seria seria, di nero, con sotto però una camicia supercolorata, quasi africana, e un sorriso che allaga l'immagine. E un messaggio: «Amo piangere commuovendomi per emozioni forti, sia belle sia brutte, ma soprattutto amo reagire alle avversità. Amo stringere i denti ed essere una testa più dura della durezza della vita. Amo con profonda gratitudine l'aver avuto l'opportunità di vivere». Una frase che adesso rende ancora più sospeso il fiato di chi le vuole bene.
Silvia Costanza è una ragazza vitale, che ha orizzonti più vasti dello shopping il sabato in un centro commerciale. Con il suo fisico da gazzella è una stellina di ginnastica artistica, che fino a qualche tempo fa insegnava alla Pro Patria, in zona Città Studi, e anche in una palestra di quelle un po' fighette, e immaginiamo come deve essersi trovata a lavorare in quel mondo là.
Come tutti quelli che devono raccontarla senza conoscerla, siamo andati a frugare nella sua pagina Facebook, operazione che in noi suscita sempre un po' di imbarazzo. La foto del profilo la mostra in Africa, con un lungo vestito tribale rosso, una collana ancora più lunga, bracciali, una coroncina in testa, il sorriso un po' imbranato di chi si è vestito per Carnevale e non si sente del tutto a suo agio.
Ma quello non era uno scherzo, e a ricordarcelo c'è una capanna alle sue spalle, di legno, fango e foglie. Le altre foto la mostrano con il volto dipinto in mezzo ai suoi bambini, e quelle meno recente duranti viaggi, feste, con un fidanzato forse nel frattempo mollato. Una ragazza come tante per una vita come poche.
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