
Spacciatore batte ministro, uno a zero. Sulla linea dura varata dal governo contro degrado e microcriminalità urbana si abbatte ieri la sentenza del Tar della Campania che accoglie il ricorso presentato, insieme ad alcune associazioni umanitarie, da un pregiudicato per spaccio di droga: che si doleva di non poter più frequentare le sue zone preferite. Il prefetto di Napoli aveva, a due riprese, individuato le "zone rosse" che - secondo la strategia inaugurata dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi - andavano considerate a particolare rischio. Il Tar napoletano annulla tutto, con un provvedimento che mette in discussione l'intera strategia governativa sulle "zone rosse": che secondo i giudici possono avere solo "durata limitata nel tempo", per "far fronte a una imprevista e imprevedibile situazione eccezionale di pericolo per la sicurezza pubblica". In caso contrario verrebbe messa in discussione "una libertà, quella di circolazione, che è garantita dalla Costituzione".
La prefettura di Napoli con un decreto del 31 dicembre aveva dato corso alla direttiva diramata pochi giorni prima da Piantedosi, che "nell'ottica di assicurare sempre più efficaci misure di contrasto alla criminalità diffusa" aveva invitato a individuare le zone "maggiormente esposte al rischio di proliferazione di forme di illegalità diffusa o di criminalità" dove applicare "misure finalizzate alla riqualificazione ambientale e alla messa in sicurezza" a cominciare dalle piazze dello spaccio, ma anche le zone in cui si concentra la movida, con un'alta percentuale di persone e attività commerciali che può sfociare in episodi di microcriminalità e di violenza, atti di vandalismo, consumo eccessivo di alcool, inquinamento acustico e degrado ambientale". In tutte queste zone il ministro invitava a applicare misure come i divieti d'accesso, i cosiddetti "daspo urbani" sia a pregiudicati che a soggetti denunciati o sotto processo.
La direttiva del ministro sottolineava che, per essere efficaci, le "zone rosse" devono essere "reiterate nel tempo", non sporadiche o temporanee: ed è proprio questa durata a venire considerata intollerabile dai giudici del Tar della Campania.
A tre riprese il prefetto di Napoli aveva vietato l'accesso a una serie di zone della città a coloro che "assumano atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti" e risultino destinatari "di segnalazione all'autorità giudiziaria" per reati di droga. Ma a qualcuno il provvedimento non è andato giù: a un paio di consiglieri di zona, a alcune associazioni e allo spacciatore che si riteneva colpito dal provvedimento. Nei loro ricorsi, lamentavano tutti l'eccessivo potere alle forze di polizia lasciato dal decreto.
E si vedono dare ragione su tutta la linea: nelle zone rosse di Napoli per il Tar non c'è nessuna "grave, imprevista e imprevedibile emergenza per la sicurezza pubblica non fronteggiabile con gli strumenti ordinari previsti dall'ordinamento"; secondo i giudici il Prefetto ha introdotto "misure straordinarie a carattere tendenzialmente permanente per far fronte a ordinari e stratificati nel tempo problemi di ordine pubblico".Non dice, la sentenza, quali sarebbero gli "strumenti ordinari" con cui quelle zone andrebbero restituite ai cittadini.