
Ora cani e gatti sono protetti dallo scudo del codice. Ma c'è un'altra battaglia all'orizzonte: i prezzi dei farmaci veterinari. Manfredi Potenti, senatore livornese della Lega e responsabile del Dipartimento di via Bellerio per il benessere degli animali, affila le armi: «Anche su questo fronte l'Europa ha fatto un mezzo guaio. Un regolamento del 2019, figlio di una precedente direttiva, ha separato in modo netto, tranchant, il mercato dei farmaci per gli uomini da quello che riguarda cani e gatti. I principi attivi sono gli stessi e infatti nel passato si somministravano il più delle volte gli stessi prodotti, magari in dosi pediatriche sulla base del peso».
Oggi non è più così e i costi al banco della farmacia si impennano. Questo non scoraggia gli italiani che ormai convivono con un esercito di amici a quattro zampe: circa 19 milioni, più della metà Micio e il resto Fido.
Siamo davanti a una rivoluzione: i nostri amici, o come ha declamato qualche parlamentare a Palazzo Madama i «nostri fratelli con la coda», ora sono considerati esseri senzienti. Ma assisterli e curarli è sempre un'impresa che mette a repentaglio i risparmi. «I prezzi sono imparagonabili e qualcosa non torna. Lo stesso principio attivo - prosegue Potenti - può costare cinque, dieci, venti volte di più quando devi darti da fare non per un figlio o un fratello ma per un labrador o un bassotto».
Attenzione: parliamo pur sempre di una nicchia, anche se in grande espansione: su 100 prodotti che vengono venduti in farmacia, solo quattro sono farmaci veterinari. «Il farmaco per animali - riprende Potenti - deve essere comunque testato e registrato presso il ministero della Salute e dunque avrà, con un'utenza ridotta, costi maggiori, ma qualche casa ci specula».
Ecco, si potrebbe rispondere: è il mercato, bellezza. Se vuoi portarti a casa un compagno con la coda, non puoi farlo pesare sulla comunità.
Dall'altra parte, si osserva che lo scontrino della spesa è comunque troppo alto e in qualche modo dovrebbe essere regolato. «Esiste un'agenzia, l'Aifa - aggiunge Potenti - che vigila sul settore dei farmaci per noi uomini, ma per quel che riguarda i prodotti veterinari ci si affida solo a un dipartimento presso il ministero. Troppo poco. L'Aifa invece interviene nel governo della spesa farmaceutica attraverso le procedure di negoziazione del prezzo dei prodotti. Insomma, ha in parte il potere di determinare il costo finale».
Facile immaginare le obiezioni. Il welfare non tiene più, in Italia e in molti paesi evoluti dell'Occidente. Tirare dentro questo gorgo quasi 9 milioni di cani e 10 milioni di gatti domestici potrebbe voler dire dare il colpo di grazia a un sistema che già fa acqua. Ma Potenti non si scoraggia: «A suo tempo c'era già stato un tentativo di bloccare questa svolta imposta dall'Europa, ma le case farmaceutiche avevano fatto ricorso al Tar e alla fine, in un modo o nell'altro, hanno avuto partita vinta. Ora o introduciamo un'Authority o riprendiamo la guerra a Bruxelles».
Qualcuno ritiene che questa non sia una priorità, ma proprio le norme approvate giovedì a Palazzo Madama in un clima di commozione generale fanno capire come sia cambiata la sensibilità del Paese.
Gli animali domestici sono
sempre più inseriti nelle nostre famiglie, vengono portati al ristorante e in hotel, scortano i padroni un po' ovunque. E spesso prendono il posto dei bambini che non nascono più. Ora il pressing si sposta sulle farmacie.