Terrorismo

Da Anis Amri ad Aouissoui: la guerra santa arriva dal mare

I killer di Berlino e di Nizza sbarcati in Sicilia, come molti dei terroristi che hanno colpito in Ue. Il flop di controlli e rimpatri

Da Anis Amri ad Aouissoui: la guerra santa arriva dal mare

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Sono arrivati in Italia da clandestini, infiltrati fra i disperati sui gommoni e, una volta sbarcati a Lampedusa, sono stati accolti nei centri assieme agli immigrati regolari. Per poi sparire nel nulla, magari per anni, e ricomparire di colpo tra gli affiliati alle cellule terroristiche. O protagonisti dei peggiori attentati europei di questi ultimi anni.

I fondamentalisti del terrore hanno un percorso simile e le loro storie denunciano un'Italia colabrodo negli anni del pre pandemia, quando il terrorismo si è risvegliato. Colabrodo non solo nei confini ma anche nelle pratiche di rimpatrio per gli irregolari, permettendo ai jihadisti di vivere indisturbati nel nostro Paese per anni o di usarlo come base d'appoggio per andare a colpire l'Europa.

Il ministero degli Interni rileva che gli immigrati arrestati o denunciati per motivi legati al fanatismo religioso sono 365. Nel 2016 gli attenzionati sono 76 e i segnalati 124. E chissà quanti altri potenzialmente pericolosi ce ne sono. La cronaca degli ultimi anni ci ha costretto a imparare i loro nomi. Tra gli sbarchi di Lampedusa c'è Anis Amri, che nel dicembre del 2016 si scaglia in auto contro la folla di un mercatino natalizio a Berlino, causando 19 morti e 56 feriti. Viene poi ucciso durante uno scontro con la polizia a Sesto San Giovanni, sede di uno dei centri islamici più frequentati d'Italia.

Brahim Aouissoui, 21 anni, autore dell'attacco alla cattedrale di Nizza nel 2020 in cui muoiono tre persone, arriva a Lampedusa e si fa pure la quarantena anti Covid in Italia, per poi sparire, ospite di un parente a Palermo. Alagie Touray, arrivato in Sicilia nel 2016, proviene direttamente da un campo jihadista dove è stato addestrato per distruggere l'Occidente. E ancora, Mohsin Omar Ibrahim, somalo, sbarca in Sicilia, ottiene un permesso di soggiorno umanitario e nel dicembre del 2018 viene arrestato a Bari mentre progetta attentati contro le chiese nel periodo natalizio.

Khaled Babouri nel 2016 in Belgio si lancia contro due poliziotte con un machete, il tunisino Ahmed Hanachi, transitato dall'Italia, nel 2017 accoltella due ragazze a Marsiglia. Per anni vive ad Aprilia dove lavora saltuariamente, bivacca nei bar, ha una relazione d'amore e riesce a celarsi dietro una totale mediocrità senza finire nella rete dei controlli dell'intelligence antiterrorismo che passa al setaccio tutto l'agripontino e non è di manica larga con le espulsioni dei sospetti.

Mohamed Game è invece quello che si può definire un lupo solitario: silente per anni, nel 2009 piazza un ordigno rudimentale nella caserma Santa Barbara di Milano ma non riesce nel suo intento in nome di Allah: ferisce lievemente due militari.

Mohamed Bouhlel, che nel 2015 si lancia con un camion sulla folla della promenade di Nizza (86 morti, 450 feriti), è un habitué dell'Italia, dove ha amici e relazioni. «Si recava regolarmente in Italia con degli uomini barbuti, radicalizzati, per portare cibo a migranti siriani» racconta un suo complice. Khalid el Bakraoui ha origini marocchine e cittadinanza belga. Prima dell'attentato doppio di Bruxelles nel 2016 (metropolitana e aeroporto), in cui perdono la vita 32 persone, si sposta con un volo Ryanair dal Belgio a Treviso e non si fa mancare un breve soggiorno a Venezia. Anche il pakistano Zaheer Hassan Mahmoud, che partecipa al blitz contro Charlie Hebdo e ferisce quattro persone per strada, passa dall'Italia. Come rifugiato.

Salah Abdeslam, anche lui belga marocchino, appartiene alla cellula degli attentatori di Parigi del 2015, e transita per Bari, dove evidentemente ha chi lo ospita e lo copre.

E avvalora l'idea che sia necessario rendere più capillari i controlli di chi arriva presentandosi come un immigrato smarrito ma che in realtà sa bene cosa è qui a fare.

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