Una corsa serale a Palazzo Grazioli, poi la rinuncia esplicita: «È del tutto evidente che sono indisponibile a essere il candidato di altri, senza il sostegno di Berlusconi e del mio partito».
Così Anna Maria Bernini (nella foto) chiude la polemica più rovente della giornata di ieri. Il suo era diventato il nome che divide, scelto dalla Lega come provocazione, o forse per rompere lo stallo sulla candidatura ufficiale, quella di Romani. E sì che di rumore ne aveva fatto e tanto la scelta del Carroccio di votare la senatrice azzurra. E ad ampliare l'eco aveva aiutato il silenzio iniziale della diretta interessata. Che dopo aver incassato i voti leghisti per la presidenza a Palazzo Madama non si era pronunciata, non aveva diramato note o dettato virgolettati per dirsi indisponibile a fare da «candidata di bandiera» del partito di Matteo Salvini. Eppure Berlusconi non aveva certo preso bene quello che ha definito un «atto ostile», messo in piedi intorno al nome di chi, come la Bernini, è una fedelissima del leader azzurro, una che nella passata legislatura era vicecapogruppo di Forza Italia.
All'insolita scelta di non aprire bocca dopo lo strappo in Senato si erano poi accompagnati altri dettagli ricchi di suggestioni.
Come le foto che la immortalavano intenta in chiacchiere con Nicola Morra e altri senatori pentastellati al termine del secondo voto in Senato. Qualcuno ci aveva visto una manifestazione di disponibilità della senatrice a sostenere una maggioranza sull'asse Lega-M5s paventato dallo stesso Cav. Poi, la marcia indietro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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