Il sorriso e la faccia feroce.
«Posso farle un esempio?»
Parliamo del fisco italiano.
«E di quello inglese. A Londra, quando il cittadino viene chiamato, viene trattato con profondo rispetto perché è considerato una risorsa».
Nel nostro Paese?
«C'è sempre l'idea che il contribuente sia un limone da spremere. Anzi, da fregare».
Siamo alla stretta finale sul decreto fiscale.
Emanuele D'Innella, già docente alla Sapienza e presidente della Commissione per il diritto penale dell'economia dell'Ordine dei commercialisti di Roma, allarga le braccia: «Appunto. Hanno dichiarato guerra ai cittadini e alle imprese».
Un attimo. In Italia c'è un'evasione record, 150 miliardi, forse di più. Restiamo con le mani in mano?
«No, ma inasprire le pene serve a poco».
Qualche evasore finirà in cella. Non è un deterrente?
«Ma arriveremo alle sentenze definitive? Adesso abbiamo pure la prescrizione senza fine, come l'hanno congegnata i Cinque stelle. Gli imputati rischiano di stare nel limbo processuale anni e anni. Uno scandalo».
Perché?
«Perché lo Stato piega alle sue inefficienze e carenze vergognose i tempi infiniti del dibattimento. Invece di accelerare, rallenta tutto. E l'indagato magari sarà assolto, ma intanto perde la reputazione, gli incarichi professionali, le relazioni sociali. Una tragedia coperta dall'ipocrisia».
Intanto le pene per i reati tributari vengono ridisegnate.
«Certo, per le false fatture, le pene massime passano da 6 a 8 anni e c'è qualche probabilità in più che qualcuno vada in carcere. Ammettiamo che sia così. Ma lei crede che con le manette si possa risolvere una piaga sociale?».
L'alternativa?
«Ci sarà la possibilità di intercettare gli evasori e di punirli più severamente, ma i grandi numeri del nero si combattono in altro modo».
Come?
«Abbassando le tasse, semplificando le norme, con una politica di incentivi e di collaborazione, tutto il contrario di quel che vediamo anche in questa manovra».
Sicuro che questa ricetta possa funzionare?
«Bisogna rendere il nero poco conveniente o addirittura scomodo. Ora cosa faranno: intercetteranno migliaia di persone? E spesso con risultati deludenti: oggi l'Agenzia delle entrate perde gran parte dei duelli ingaggiati con i contribuenti».
Ma il sommerso è anche terreno di coltura della criminalità organizzata.
«E infatti una parte importante dell'evasione è legata alle grandi organizzazioni criminali. Bene, un mafioso non cambia atteggiamento sapendo che gli daranno due anni di carcere in più. Le mafie temono solo la confisca dei beni».
Le nuove norme prevedono proprio la confisca per sproporzione. Un passo in avanti?
«No, semmai indietro. La confisca per sproporzione viene già applicata ai mafiosi che dichiarano redditi ridicoli e dispongono di beni di lusso».
Lo stesso meccanismo non può valere per chi froda il fisco?
«Questo sistema si basa sul sospetto e va bene per i soldati di Cosa nostra, ma sarei molto attento a utilizzare questo principio con chi è estraneo alle logiche mafiose. Si diffonde cosi una cultura del pregiudizio e del sospetto in tutta la società con effetti catastrofici. Altro che collaborazione: il cittadino è colpevole e dev'essere lui a dimostrare il contrario. Ti sequestro tutto, poi si vedrà. Sempre che il testo non sia modificato un'altra volta».
Si, ma come recuperare i soldi che mancano?
«Lo Stato dev'essere più efficiente. Si potrebbero fare più controlli, capillari, e con risultati migliori ma per questo servono soldi e tecnologie. Investimenti. Più computer e meno manette. Invece dilaga una logica punitiva. Pure sul versante della legge 231».
Quella sulla responsabilità amministrativa delle società. Che verrà estesa ai reati tributari.
«Una scelta anti-industriale e confusa in un panorama già contorto, con norme che vengono scritte e riscritte in una babele legislativa. Vedremo il testo finale, quando si sarà diradato tutto questo polverone. Ma».
Ma?
«Temo che arriveremo ad una duplicazione o anche peggio delle sanzioni che già ci sono. Multe, chiamiamole cosi semplificando, che si sovrapporranno ad altre multe, fra le convulsioni di un sistema a dir poco barocco».
In conclusione?
«Il fisco deve cercare la fiducia dei cittadini.
Questa manovra va nella direzione sbagliata: oggi ci sono 10-11mila miliardi di risparmio nel Paese dell'evasione. Lo Stato ha le pezze, le famiglie il loro tesoretto. I numeri non quadrano, anzi stridono, ma di questo passo peggioreranno ancora».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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