Antagonisti, centri sociali, collettivi e militanti pro islam: i soliti noti dietro la rivolta

Una rete eterogenea unita dall'odio verso Israele e il governo. Il ruolo dei "maranza"

Antagonisti, centri sociali, collettivi e militanti pro islam: i soliti noti dietro la rivolta
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Altro che società civile, dietro i cortei, le occupazioni, le manifestazioni per la Palestina di questi giorni sfociate anche nella violenza ci sono i soliti noti, i professionisti dello sciopero e dei disordini. Oggi il motivo per scendere in piazza è Gaza, ieri erano le proteste contro la Tav, domani sarà il governo, sempre è il pericolo fascismo che si è (momentaneamente) spostato da Roma a Tel Aviv. Il copione - ormai collaudato - è sempre lo stesso: chiamata alla mobilitazione attraverso chat e social network, individuazione di slogan, organizzazione di un corteo e, in caso di disordini, essere pronti a scaricare la colpa su fantomatiche "frange violente". Capofila di questa rete è il collettivo studentesco Cambiare Rotta, l'organizzazione giovanile comunista promuove da mesi occupazioni nelle università impedendo ai veri studenti di poter svolgere le lezioni e operando in tutti i principali atenei italiani. Il sempre verde coro "siamo tutti antifascisti" è stato sostituito per l'occasione dello sciopero generale con "siamo tutti antisionisti". Cambiare Rotta è lo stesso collettivo che, nelle ore successive l'omicidio di Charlie Kirk, ha pubblicato sui social una sua foto a testa in giù accompagnandola con le scritte "-1" e "a buon intenditor poche parole. Oggi è un giorno meno buio". Altra sigla dei collettivi studenteschi è Osa che continua a promuovere cortei al grido di "Dal fiume al mare la Palestina sarà libera" il cui significato, giova ricordarlo, è la cancellazione dello stato di Israele. Alle azioni dei collettivi si legano quelle dei sindacati a cominciare da Usb e Cobas che hanno appoggiato vari blocchi ma un ruolo importante è giocato dai portuali del Calp, il "Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali". Il blocco dei porti, a cominciare da quello di Genova, è infatti una delle azioni più frequenti a causa del passaggio di merci da o per Israele.

Non può mancare il contributo dei centri sociali che, a cominciare da Askatasuna a Torino passando per il Leoncavallo (ciò che ne resta) a Milano, hanno chiamato i propri attivisti alla mobilitazione "contro la guerra, il genocidio, il colonialismo ed il capitalismo". Ci sono poi le sigle pro Pal legate a doppio filo con il mondo islamico a partire dall'associazione dei "Giovani Palestinesi", dal "Movement to Gaza" e dall'Udap "Unione Democratica Arabo-Palestinese". A partecipare alla mobilitazione sono anche i centri islamici italiani e numerose associazioni legate all'islamismo. In questo quadro non poteva mancare una sponda politica rappresentata da Potere al Popolo presente ieri nelle piazze con lo slogan "siamo la Flotilla di terra" con più bandiere che elettori alle urne. A spalleggiare questa galassia c'è anche ciò che rimane dei partiti comunisti tra cui Rifondazione, da qui la presenza delle bandiere con la falce e martello nelle piazze. A far ingresso sulla scena sono anche i maranza, di solito noti alle cronache per atti di delinquenza, sono stati cooptati con addirittura l'invito a scendere in piazza inserito nei manifesti dello sciopero. I maranza fanno spesso parte di baby gang composte in prevalenza da giovani immigrati di seconda generazione e, non a caso, i migranti sono l'altra categoria chiamata a raccolta.

Ciò che preoccupa è la saldatura tra mondi in apparenza diversi tra loro ma che utilizzano la causa della Palestina come collante per azioni che finiscono per sfociare nell'illegalità e nella violenza. Il rischio di nuove tensioni è previsto anche per la giornata di oggi in cui si svolgerà a Roma la Manifestazione per la Palestina.

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