Roma - Sbandamento, smarrimento, delusione, rabbia. Dentro Ncd il flop elettorale lascia il segno e porta allo scoperto questioni irrisolte da tempo. «Il progetto è fallito - confessa un senatore - serve una sterzata coraggiosa». Il computo degli eletti nelle grandi città è impietoso, con zero consiglieri comunali a Roma e a Napoli. Il fallimento si è registrato sia dove si è scelto il format «Partito della nazione» in alleanza con Pd come nella città partenopea (dove il risultato è stato inferiore al 2%), sia nella Capitale dove l'opzione civica a sostegno di Alfio Marchini ha ottenuto l'1,2 (contro l'1,19 di Casapound). Peraltro se a Napoli si era speso direttamente Angelino Alfano, la lista «Roma popolare» era espressione di Beatrice Lorenzin (schieratasi ora a favore di Roberto Giachetti) quindi non si può neppure parlare di un disimpegno dello stato maggiore del partito.
L'unico caso in cui la lista nelle grandi città ha superato la soglia è stato quello di Milano. Qui ci si è alleati con il centrodestra e questo ovviamente accende intense discussioni (per usare un eufemismo) tra i parlamentari che non hanno come unico obiettivo la conservazione dello scranno parlamentare fino al 2018 ma aspirano ad andare oltre quella scadenza all'interno di un progetto politico, al di là della speranza di un salvataggio nelle liste del Pd, ormai peraltro molto meno forti rispetto alle Europee.
In molti ora promettono la resa dei conti dopo il ballottaggio. Qualcuno dei 32 senatori di Area popolare (gruppo che riunisce anche gli eletti Udc) azzarda l'ipotesi di un appoggio esterno al governo che consenta di riannodare i fili di un nuovo centrodestra. Maurizio Lupi promuove il «laboratorio Milano». Ma c'è anche chi come Fabrizio Cicchitto e la stessa Lorenzin chiedono di saldare l'alleanza con il Pd facendola diventare strutturale e politica. Chi sposa questa tesi porta come esempio il grande risultato ottenuto a Rimini della lista «Patto civico per Gnassi» del parlamentare Ncd Sergio Pizzolante che ha totalizzato quasi il 14% contribuendo in maniera decisiva alla vittoria al primo turno del candidato Pd. Il problema è che questa lista non solo ha bandito le insegne Ncd, ma non ha neppure scelto la parola «popolare» usata in gran parte del resto d'Italia per rendere esplicito il legame con il Ppe.
Il malumore dentro Ncd a Palazzo Madama non è più neppure troppo sotterraneo. Non è affatto sfuggito il silenzio di Renato Schifani che non ha commentato il voto. Ulteriore malumore ha suscitato la scelta negazionista, anzi la «realtà parallela» descritta da Alfano su Twitter: «Al via, con le amministrative, esperimento unità moderati. Superata, bene, soglia sbarramento Italicum. Eletti centinaia di consiglieri». Pronta la replica piccata del senatore Giuseppe Esposito: «L'Italicum non ha più soglie di sbarramento? Il problema dei moderati sono i leader! Pensano più alla posizione che al progetto». È proprio la modifica della legge elettorale promette di essere il fronte di lotta dei prossimi mesi. Matteo Renzi mercoledì sera ha ribadito in tv che non si tocca.
Ma, come racconta La Stampa, Tonino Gentile, sottosegretario Ncd alla Sviluppo e grande portatore di voti in Calabria, in un incontro avuto due giorni fa
proprio con Alfano ha fatto presente che «se non si modifica la legge elettorale introducendo il premio di coalizione è un guaio. Se così fosse saremo costretti a ritornare con Forza Italia. Con il Pd non si può andare».
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