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Un appello (e gli aiuti): Usa decisivi

Lettera di 56 deputati Usa. E ora si complica l'affaire Regeni

Un appello (e gli aiuti): Usa decisivi

La lista Usa dei prigionieri da rilasciare, centinaia di milioni di dollari di aiuti militari in ballo e lo stop in punta di diritto al processo Regeni hanno dato il via libera alla liberazione di Patrick Zaki. «È un'operazione americana spinta dal Congresso e negoziata dalla Casa Bianca per ottenere delle concessioni nel campo dei diritti umani - rivela una fonte del Giornale - A livello politico siamo ai ferri corti con l'Egitto dopo la decisione del governo di costituirsi parte civile nel processo sul caso Regeni».

Otto mesi dopo l'arresto al Cairo dello studente egiziano dell'università di Bologna, 56 membri democratici del Congresso di Washington hanno inviato al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi una lettera di una pagina e mezza. Nella missiva su carta intestata del Congresso i parlamentari chiedono la liberazione di sedici attivisti compreso «Patrick George Zaki». I rappresentanti americani vanno dritti al punto: «La esortiamo a rilasciare immediatamente e incondizionatamente i prigionieri che abbiamo citato (...). Queste sono persone che non avrebbero mai dovuto essere incarcerate», si legge nella lettera.

Una volta insediato alla Casa Bianca il presidente americano Joe Biden ha usato il bastone e la carota con l'Egitto per ottenere un'apertura sui diritti umani. «Gli Stati Uniti garantiscono 1,3 miliardi di dollari all'anno di aiuti militari al Cairo - fa notare la fonte del Giornale che conosce il tema - Gli egiziani devono anche ammodernare i loro F-16 e Biden ha congelato qualche fondo sbloccando altri. Ottenendo alla fine un gesto distensivo soprattutto nei confronti della richiesta del Congresso».

Il 15 settembre la Casa Bianca ha concesso il via libera a 170 milioni di dollari di aiuti militari e ne ha congelati altri 130. La cifra fa parte del pacchetto di 300 milioni che il Congresso lega al rispetto dei diritti umani. Non è un caso che all'udienza che ha concesso la libertà vigilata a Zaki era presente pure un inviato Usa assieme ai diplomatici della nostra ambasciata al Cairo e rappresentanti di Canada e Spagna.

La mossa americana sarebbe stata caldeggiata dall'ambasciatore italiano in Egitto Cairo Giampaolo Cantini, Al Cairo fino ad agosto, e poi seguita dalla nuova feluca Michele Quaroni. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio solo da settembre a oggi ha discusso di Zaki con il suo pari grado egiziano alla media di una volta al mese.

Gli Stati Uniti hanno blandito il presidente al Sisi anche in campi non militari, come l'assegnazione al Cairo della Cop 27 del prossimo anno sui cambiamenti climatici. Ad annunciarlo ci ha pensato il 3 ottobre l'inviato Usa sul clima, John Kerry, proprio alla pre-Cop di Milano. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, «esprime soddisfazione per la scarcerazione di Patrick Zaki, la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del Governo italiano». Nelle stesse ore del vittorioso comunicato di Palazzo Chigi, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani metteva il dito sulla piaga della Cop 27 in Egitto e l'impunito omicidio di Giulio Regeni. «Andiamo lì - dice il ministro - e che facciamo? Facciamo finta di nulla. Per me questo è un grosso problema».

Oltre alle mosse americane gli egiziani hanno liberato Zaki dopo lo stop al processo ai funzionari dei servizi segreti del Cairo per il brutale omicidio deciso dalla Corte d'Assise a causa di cavilli legati alla notifica degli atti.

Il rischio adesso è che la liberazione di Zaki allontani sempre più qualsiasi spiraglio sul caso Regeni con al Sisi che pensa di avere fatto abbastanza. Non solo: lo studente egiziano è libero, ma con una spada di Damocle sulla testa. Il primo febbraio dovrà tornare in tribunale per la sentenza sulle accuse che lo hanno già tenuto in galera 688 giorni.

All'Italia conviene mantenere, almeno per ora, un profilo basso sul suo caso e su Regeni.

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