«Aprile rosso è sequestro di persona. Chiedo un incontro a Draghi» attacca Matteo Salvini, dando il via alla polemica del giorno per «le riaperture in sicurezza» che in questo momento è per lui la madre di tutte le battaglie. «Qualcuno per motivi ideologici vuole tenere tutto chiuso, sono stufo di scelte politiche sulla pelle degli italiani». E ancora: «Io mi fido della scienza ma quando l'ideologia prevale è difficile» attacca a 7Gold. Fa bene attenzione a sottolineare che la critica è rivolta al ministro della Salute, Roberto Speranza, e non al premier. Così, se da sinistra e Leu gli danno dell'«irresponsabile», il sottosegretario alla Salute, il 5S Pierpaolo Sileri, è possibilista: «È pur vero, e comprendo ciò che dice Salvini, che c'è la necessità di programmare anche le riaperture».
Già, perché anche se Salvini ripete che il sostegno della Lega al governo Draghi non è in discussione, il segretario vuole differenziarsi per non perdere visibilità e antichi ancoraggi. C'è già stato il caso della clausola al decreto legge Covid sulle «riaperture mirate» concordata tra Salvini e Draghi, riaperture che saranno decise dal governo in caso di miglioramento degli indici. Uno spiraglio per gli «aperturisti» che ha fatto sollevare il sopracciglio a molti, anche dal punto di vista giuridico, a partire dal costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti, che vi ha intravisto «un meccanismo che limita troppo il Parlamento» e in attesa del «testo finale» ha chiesto di «parlarne seriamente» perché «sarebbe una regressione non accettabile».
È il consueto schema della Lega di lotta e di governo, o dell'uno contro tutti, aggiornato all'unità nazionale. A Salvini riesce comunque di farsi notare dal Financial Times, che si è occupato dell'incontro a tre di giovedì corso a Budapest con i premier ungherese e polacco Viktor Orbàn e Mateusz Morawiecki, sia pur senza ottimismo sull'esito di questi colloqui e riportando dichiarazioni come «Salvini vorrebbe essere riconosciuto in Europa come uomo capace di cambiare le carte in tavola». Vertici al momento più d'immagine che di sostanza, ma dopo il voto in Germania e in Francia si comprenderà se questi contatti possano diventare qualcosa di più concreto all'Europarlamento.
In Italia, oltre al consueto dibattito sulle voragini democratiche in Ungheria, per il quale Salvini parla invece di «Rinascimento di Budapest», ne è discesa un'altra polemica, ovvero l'analogia tra le posizioni contro i gay di Orbàn e la convinzione di Salvini che il governo Draghi non sia il tempo adatto a portare avanti in Senato il ddl Zan sull'omotransfobìa, che continua a dividere giuristi e politici sui pericoli per la libertà di espressione. Se il Pd di Enrico Letta ha nuovamente posto il ddl tra le priorità del partito e il dem Mirabelli torna all'attacco («o si sta con chi afferma i diritti civili o con Orban e Morawiecki»), Salvini difende la posizione opposta e dichiara che «non servono nuove norme ma applicare severamente quelle che esistono».
Tornano anche i toni alti su immigrazione e ius soli. Questo Salvini che gioca in solitario scatena dichiarazioni al vetriolo persino dalle Sardine. «Decidesse chi è, cosa voglia fare e dove voglia andare.
Secessionista o meridionalista? Mascherina sì o mascherina no? Tutto aperto o tutto chiuso? Anti europeista con Orban o filoeuropeista con Draghi? È evidente che il segretario della Lega sia in balìa di impetuosi conflitti interiori» scrivono sulla loro pagina Facebook. Chissà se è sempre vero, come diceva Oscar Wilde, che non importa che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli.
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