Valeria Robecco
New York Sono partiti circa un mese fa dal Centro America, e dopo un estenuante cammino lungo oltre 4.300 km, hanno raggiunto il confine tra Messico e Stati Uniti. Il primo gruppo di migranti partiti con la carovana - la maggior parte dell'Honduras, ma anche di El Salvador e Guatemala - è arrivato alla frontiera nella città di Tijuana, poco a sud di San Diego, in California. Sono circa 400 persone, di cui circa un'ottantina appartenenti alla comunità Lgbt, e cercano asilo negli Usa perché discriminati e perseguitati nei Paesi di origine. Sono riusciti a staccare il resto del gruppo perché hanno percorso l'ultimo tratto con treni e autobus. Come le decine di gay, lesbiche e transgender che hanno potuto contare sul supporto anche finanziario di alcune organizzazioni Lgbt americane e messicane.
Il presidente Usa Donald Trump nei giorni scorsi ha definito la carovana «un'invasione», e ha promesso di arginarla inviando un muro umano di militari (fino a 15 mila soldati), oltre ad una stretta sul diritto di asilo per i migranti, impedendo la richiesta a coloro che attraversano la frontiera illegalmente. E ieri ha mandato al confine con il Messico il ministro della difesa James Mattis, per visitare le truppe inviate dal Pentagono su richiesta del tycoon. Finora la Difesa ha dispiegato circa 7.000 uomini tra Texas, California e Arizona. Il grosso della carovana, di oltre 5.000 persone, è ancora lontano, a oltre 1.600 km dal confine con gli Stati Uniti, nelle zone di Guadalajara e Culiacan, nel Messico occidentale. Ma gli agenti federali Usa che vigilano sulle frontiere hanno chiuso per precauzione alcune strade e rafforzato le difese con filo spinato, barriere e transenne. E lo U.S. Customs and Border Protection ha affermato che sono in procinto di chiudere quattro corsie ai valichi di frontiera di San Ysidro e Otay Mesa, alcuni dei porti di ingresso più trafficati lungo il confine.
Intanto, in un'intervista al quotidiano El Universal, il sindaco di Tijuana Juan Manuel Gastélum ha manifestato grande preoccupazione perché a suo avviso «le strutture cittadine di assistenza sono sature e non sono assolutamente in grado di accogliere altri migranti». «Non abbiamo mezzi per ricevere i 4.000 che stanno per arrivare, né tantomeno gli altri che seguono, ed i governi non sembrano volersi fare carico dell'emergenza», ha precisato. L'avanguardia di migranti ha raccontato di essersi staccata dal gruppo principale per le ripetute discriminazioni.
«Siamo stati discriminati, anche all'interno della carovana - ha spiegato Erick Dubon, 23enne di San Pedro Sula, in Honduras, in viaggio con il fidanzato Pedro Nehemias, 22 anni -. La gente non ci lasciava entrare nei camion - ha aggiunto - ci facevano stare in fondo alla fila per fare la doccia e ci chiamavano con brutte espressioni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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