Politica

Arriva il sì al "Cura Italia" tra le polemiche delle opposizioni

Il testo approvato con 142 sì, 99 contrari e 4 astenuti. In aula il provvedimento che stanzia 25 miliardi per l’emergenza. Calderoli: "Dilettanti allo sbaraglio"

Arriva il sì al "Cura Italia" tra le polemiche delle opposizioni

Tra mille polemiche e contrattempi è arrivato il sì al dl "Cura Italia". Il Senato ha approvato il testo dando la fiducia chiesta dal governo con 142 sì, 99 no e 4 astenuti. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia avevano preannunciato il loro voto contrario. Il provvedimento contiene misure per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica derivante dall’epidemia di coronavirus.

Ora il provvedimento, che deve essere convertito in legge entro il prossimo 16 maggio, passa all’esame della Camera per la seconda lettura. Nel corso dell’esame in commissione Bilancio del Senato sono state approvate diverse modifiche, sostanzialmente non onerose visto che già il provvedimento originario impiegava totalmente i 25 miliardi disponibili per il 2020 grazie allo scostamento di 20 miliardi dal target del deficit autorizzato dalle Camere.

Ma è caos in aula, tra rinvii, accuse reciproche, regole stravolte e testi di maxiemendamenti non pervenuti poi presentati in extremis. Con la presidente Elisabetta Casellati che al termine di una mattinata convulsa, ha assicurato: "Non succederà più". Dopo settimane di "calma apparente" tra esecutivo e opposizioni, con vari tentativi di dialogo e diverse riunioni della cabina di regia, la collaborazione però non decolla: il centrodestra ha votato contro fiducia e decreto e accusa maggioranza e esecutivo di aver chiuso la porta a qualsiasi proposta avanzata.

Come annunciato, le opposizioni hanno votato no al "Cura Italia". Il tutto dopo un forte ritardo sulla bollinatura del testo da parte della Ragioneria di Stato che ha fatto slittare di tre ore la votazione, inizialmente prevista alle 12.30 e cominciata invece alle 15.30. In aula a palazzo Madama ha così potuto prendere il via la votazione della fiducia sul provvedimento, avvenuta per appello nominale con 50 senatori a turno in aula ogni 10 minuti.

Per la prima volta, dunque, il governo ha posto la fiducia su un provvedimento contro la pandemia e non c’è stato un voto bipartisan. Il leader della Lega, Matteo Salvini ha preso la parola attaccando il governo: "Non voteremo questo decreto perché è una presa in giro. Non c’è una lira per i sindaci né per i medici. La cassa integrazione arriverà solo a fine aprile". Ha citato il titolo di Die Welt sulla mafia che aspetta gli aiuti europei, chiedendo a Berlino scuse formali. E a proposito della trattativa in Europa ha concluso: "Se accetteranno il Mes, porteremo la sfiducia al governo in quest’aula".

I problemi procedurali che hanno animato la giornata sono iniziati quando il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, anziché porre ufficialmente la fiducia, chiede un rinvio di un'ora dei lavori in quanto la Ragioneria non ha ancora bollinato il testo del maxiemendamento interamente sostitutivo del testo licenziato dalla commissione Bilancio. A quel punto tutti i gruppi hanno accolto la proposta della Lega di andare comunque avanti con il dibattito sulla fiducia per consentire ai senatori di poter tornare a casa, visti i problemi che si riscontrano negli spostamenti a causa delle restrizioni per l'emergenza coronavirus. Ed è a questo punto che si compie il primo "strappo" alle regole: di fronte all'unanimità Casellati consente il prosieguo di un dibattito su una fiducia che, di fatto, il governo non ha ancora posto in quanto manca il testo del maxiemendamento.

Dopo oltre un'ora, terminato il dibattito, D'incà ha annunciato che la Ragioneria ha dato l'ok, presenta il maxiemendamento (che viene dichiarato ammissibile), con alcune modifiche dovute all'aggiornamento di norme contenute nel decreto Imprese. Ma mentre sono in corso le dichiarazioni di voto, questa volta secondo la prassi, le opposizioni lamentano che la commissione Bilancio, riunita per dare l'ok al testo, non è ancora in possesso del maxiemendamento. D'Incà chiede ancora tempo. E a nulla valgono le rassicurazioni offerte sul fatto che non è stata nel frattempo apportata alcuna ulteriore modifica. Lega, FdI e Forza Italia insorgono. "Il testo c'è o no?", ha chiesto Roberto Calderoli, che sbotta: "Vogliamo votare, ne abbiamo le balle piene".

Poi in una nota post voto, lo stesso Calderoli, non ha risparmiato colpi: "Ecco quanto è serio il governo. Ecco con quanta serietà affronta i provvedimenti che il Paese sta aspettando. Il maxiemendamento presentato dall’esecutivo era privo della relazione tecnica di accompagnamento nel momento in cui è stato depositato e quando il governo ha chiesto la fiducia".

L’articolo 76 del regolamento del Senato definisce, infatti, come improponibili gli emendamenti del governo non accompagnati dalla relazione tecnica. E questo ha mandato su tutte le furie il senatore del Carroccio: "Ha sbagliato la presidenza del Senato, Elisabetta Casellati, ad accoglierlo. Ha sbagliato il ministro D’Incà a presentarlo e a chiedere la fiducia su una proposta emendativa che non poteva essere nemmeno presentata in assenza di una relazione tecnica. Questo rende conto della mancanza di serietà o dell’improvvisazione con cui questo governo affronta vicende così drammatiche.

Sono veramente dei dilettanti allo sbaraglio, ma purtroppo allo sbaraglio, in questo momento, è tutto il Paese per colpa loro".

Commenti