Cronache

"Arriva il senatore", trasferiti i malati. Bufera sul Policlinico

Il caso all'ospedale di Roma denunciato da una giovane infermiera. La struttura sanitaria conferma: "Ma non c'è stato alcun favoritismo"

"Arriva il senatore", trasferiti i malati. Bufera sul Policlinico

Da qualche giorno Roberta Cristofani, studentessa di Infermieristica tirocinante nel reparto di Medicina interna del Policlinico Umberto I di Roma, è bombardata da richieste di amicizia sui social network, improvvisi fan che si complimentano per il suo coraggio. Sui siti internet rimbalza la lettera aperta che la studentessa ha scritto al primario del suo reparto qualche giorno fa. Racconta un episodio accaduto al Policlinico Umberto I, anche se la praticante infermiera - da noi interpellata - non vuole rivelare il nome del senatore protagonista della vicenda, perché «vincolati al segreto professionale». Scrive nella lettera la Cristofani, indirizzandola «alla cortese attenzione del Professor V. (Policlinico Umberto I, Roma)»: «Gentile professor V., sono una studentessa di Infermieristica del primo anno e al mio secondo tirocinio mi sono trovata a lavorare nel suo reparto. Una sera, verso le 20, ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. Il nuovo letto. Uno solo. Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi. “Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario”. Può anche solo lontanamente immaginare l'umiliazione che ho provato nel comunicare ai due pazienti che occupavano la stanza sgomberata per far posto al senatore che avrebbero dovuto spostarsi? “Voi siete malati di serie B, dovete far spazio al malato di serie A.”». La lettera si conclude così: «La prego, con tutto il cuore, di non lasciarmi con la sensazione amara che “tutti i pazienti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”». Chi sarebbe il senatore per cui il Policlinico di Roma, ospedale pubblico, fa sgombrare gli altri pazienti? L'episodio sarebbe accaduto a giugno, veniamo a sapere, e il politico «un senatore dell'Udc». Una richiesta del senatore, o del suo staff, oppure un'iniziativa autonoma del primario? «Quando ho parlato con il senatore - racconta la Cristofani, che mantiene riservato l'identità del parlamentare - esprimendo il mio sdegno, anche a lui ha asserito di non sapere nulla delle “disposizioni speciali”... per una volta credo a un politico». Il primario viene indicato come Francesco Violi, direttore della divisione di Prima Clinica Medica dell'Umberto I, ordinario dell'Università La Sapienza di Roma.

E il senatore? L'Udc ha tre eletti a Palazzo Madama:Pier Ferdinando Casini, Antonio De Poli e Claudio Zin. Da una rapida ricerca emerge che un senatore è stato effettivamente ricoverato al Policlinico a giugno, ed è un senatore proprio dell'Udc: De Poli. Cerchiamo il senatore che però è irraggiungibile, il suo assistente non ci conferma l'accaduto (solo il ricovero all'Umberto I, a giugno, per una malore poi subito risolto). Interpelliamo il Policlinico, che spiega il «presunto favoritismo» con ragioni connesse alla privacy e sicurezza in particolari casi: «Non capiamo quale possa essere stato il privilegio accordato al senatore - scrive la direzione dell'Umberto I - La struttura ospedaliera deve farsi carico e garantire la privacy e sicurezza di tutti i pazienti ricoverati. In particolari casi è necessaria una attenzione e precauzioni per motivazioni assistenziali. Nessun favoritismo, ma il medesimo trattamento anche quando trattasi di personaggi pubblici incaricati di particolari funzioni, che scelgono di farsi curare presso il policlinico.

Nessun disagio è stato causato ad alcuno, se non il pretesto di una incomprensibile strumentalizzazione, e l'Azienda tutelerà la propria immagine in tutte le sedi, non esclusa quella giudiziaria». Basterà per convincere che non sia un caso di favoritismo all'italiana?

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