Assaggi sopraffini e curiosità. A Parigi il gotha dei distillati attrae visitatori da tutto il mondo

Il Whisky Live Paris si chiude con 25mila accessi Dal saké al rum fino al single malt: tutte le novità

Assaggi sopraffini e curiosità. A Parigi il gotha dei distillati attrae visitatori da tutto il mondo
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nostro inviato a Parigi

Per un appassionato di distillati, come canterebbe Eros Ramazzotti, "più bella cosa non c'è". Il Whisky Live Paris si è ormai imposto come il vero place to be per chi lavora nel settore spirits o semplicemente gode delle gioie dei frutti liquidi dell'alambicco.

Quella che si è chiusa lunedì scorso alla Grande Halle della Villette è stata la ventunesima edizione del WLP, l'evento annuale organizzato dalla Maison du Whisky, storica azienda di distribuzione e selezione di alcolici in Francia. Un'edizione che, nonostante la congiuntura complessa guerre, dazi, salutismo diffuso, contrazione della capacità di spesa -, ha fatto segnare 25mila visitatori, 2500 in più del 2024.

Al netto del fatto che Thierry Bénitah, proprietario della Maison, ha reso la macchina organizzativa perfetta in ogni suo aspetto, dall'offerta di oltre 2.500 prodotti in mescita agli abbinamenti studiati da chef stellati, dalla Cocktail Street dedicata alla mixology alle masterclass in agenda, rendendo l'esperienza indimenticabile per il pubblico, il Whisky Live è anche il momento più atteso dagli operatori per cogliere le tendenze e le novità del mercato.

Bighellonando tra gli stand, si coglie per esempio che il momento d'oro del whisky francese (ormai oltre il centinaio di produttori) continua. In generale, nonostante il whisky viva una flessione importante dopo il boom post-pandemia (-18% i consumi dello Scotch nel 2024), l'"hype" rimane alto. Sui prodotti premium soprattutto, come le selezioni delle due serie Artist (eccezionale "Something on the water", con Scotch torbati dall'isola di Islay come Laphroaig 20 anni, Bowmore 30 o Caol Ila 40) o la categoria "old and rare": il Karuizawa bar con assaggi della distilleria giapponese ormai chiusa era sold out e ogni sera al Golden Promise, whisky bar della Maison, gli avventori altospendenti ordinano bottiglie storiche da capogiro.

Oltre ai marchi scozzesi e irlandesi, che stanno tornando a imbottigliamenti con indicazione di età per recuperare il perduto rapporto qualità-prezzo, sembra stabilizzarsi l'entusiasmo per i giapponesi: i brand storici come Suntory, Nikka e Chichibu continuano a funzionare, ma non tutte le nuove etichette neonate attraggono. Così come incuriosiscono, pur senza sfondare, produttori inconsueti come Thailandia, Cina, Romania, Germania e perfino Paesi Baschi, che si aggiungono ai già noti India e Taiwan.

Per quanto riguarda i rum, si conferma un italiano il centro di gravità permanente degli imbottigliamenti di qualità: la genovese Velier di Luca Gargano, che con la Maison ha dal 2017 aperto una società in joint venture, può vantare un'offerta senza pari. Non solo Hampden, il rum giamaicano ad alti esteri che quest'anno lancia la prima attesissima release invecchiata 15 anni, ma anche Cabeza Llena, un incredibile cubano distillato nel 1948, e il nuovo Caroni Paradise del 1996, una delle ultimissime botti dello stock della distilleria di Trinidad; e ancora i Clairin di Haiti, le selezioni di Guyana, Filippine e Mauritius, i gioielli sconosciuti di Nine Leaves, micro-distilleria giapponese oggi chiusa che produce rum da sciroppo di canna di Okinawa.

Da segnalare il sakè, esploso in Francia e ancora in rampa di lancio in Italia, i "ready to serve" come l'All Possible Daiquiris, cocktail in bottiglia

realizzato con rhum d'eccellenza come Neisson bio e il comparto no & low alcohol, unico a far crescere le vendite Insomma, il mondo del beverage sarà anche in sofferenza per i consumi, ma di certo la creatività non manca.

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