Assalto al cibo: spari sulla folla a Gaza

Migliaia al centro di distribuzione degli aiuti di Rafah. L'Onu: "Straziante e ipocrita"

Assalto al cibo: spari sulla folla a Gaza
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A migliaia hanno sfondato le recinzioni, dopo essere rimasti accalcati per ore sotto il sole cocente. Una corsa per la vita. Per accaparrarsi riso, pasta, olio, fagioli, verdure in scatola e tahina (salsa di sesamo). Una corsa per combattere la fame ormai nemica e insieme compagna da troppo tempo della vita dei gazawi. Una marea umana di donne velate, bambini, uomini di ogni età si è diretta ieri verso due dei quattro centri di distribuzione di aiuti umanitari resi operativi da Israele nel pomeriggio, nell'area ovest di Rafah, sud della Striscia. Ogni scatola è in grado di sfamare poco più di cinque persone per tre giorni e mezzo. Ma la disperazione e la fame hanno portato al caos in uno dei due siti, dove per disperdere la folla sono stati sparati alcuni colpi in aria. Le Forze Armate israeliane (Idf) negano di aver aperto il fuoco da un elicottero che stava operando sul mare in quel momento, ma ammettono che i soldati, incaricati di monitorare la situazione delle aree circostanti, hanno lanciato colpi di avvertimento all'esterno del complesso. I contractor delle società americane a cui è stata affidata la sicurezza dei centri si sarebbero dati alla fuga, secondo i primi resoconti. «Sono solo arretrati» hanno spiegato dalla Ghf, la Gaza Humanitarian Foundation incaricata della distribuzione degli aiuti (creata ad hoc in una collaborazione fra Stati Uniti e Israele, pur avendo sede a Ginevra). «Una scena tragica e dolorosa» l'ha definita la fondazione, che ha tuttavia sminuito l'episodio: «Il numero di persone nei pressi del centro era tale che il team della Ghf si è ritirato per consentire a un piccolo numero di abitanti di prendere gli aiuti in sicurezza e disperdersi». Prima del caos, sono state distribuite 8mila scatole, pari a 462mila pasti.

La situazione è evidentemente tesissima. Eppure il ministro dell'estrema destra, Bezalel Smotrich, definisce il nuovo meccanismo di distribuzione di aiuti voluto da Israele, escludendo Ong e Nazioni Unite, «un punto di svolta nella guerra che porterà alla vittoria e alla distruzione di Hamas», perché pensato proprio per evitare che gli aiuti finiscano in mano agli islamisti e poi rivenduti. Hamas è convinta del contrario: «Il piano fallirà», avverte. «L'occupazione utilizza gli aiuti per scopi di sicurezza e intelligence», è l'accusa degli estremisti, che puntano il dito contro i meccanismi di riconoscimento facciale e scansione dell'iride sostenendo che «saranno utilizzati per raccogliere informazioni e reclutare collaboratori». La minaccia ai palestinesi è esplicita: «Chi collabora, pagherà». Ma i civili attanagliati dalla fame non sembrano voler ascolto agli ex padroni di Gaza. Il cibo diventa così un altro, l'ennesimo, terreno di scontro fra Hamas e Israele, mentre anche all'interno dello Stato ebraico c'è chi tenta di fermare l'ingresso del sostegno umanitario a Gaza. Le forze di sicurezza hanno arrestato ieri un gruppo di attivisti israeliani anti-aiuti, che ha provato a bloccare l'uscita dei pacchi dal porto di Ashdod. Missione fallita. Il cibo è arrivato a destinazione, ma secondo molte cancellerie è ancora troppo poco. «Il colmo dell'ipocrisia», dice l'Onu, che definisce «strazianti» le scene di assalto agli aiuti Servirebbero almeno 500-600 camion al giorno per i civili.

I palestinesi sono stremati da fame e bombe. Il conflitto è ancora violento e sanguinoso a Gaza, dove è stata anche annunciata un'offensiva «senza precedenti» a Khan Younis, nonostante si susseguano voci su un possibile accordo di tregua che tarda ad arrivare. A metà giornata ieri, le vittime delle ultime 24 ore erano almeno 79, oltre 54mila i morti da inizio conflitto (numero non verificabile da fonti indipendenti e che non distingue fra civili e combattenti). Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul insiste nel criticare la strategia israeliana: «A Gaza la proporzionalità è stata superata». Ursula von der Leyen definisce «abominevole» l'espansione delle operazioni. In attesa di una svolta, il ministro israeliano degli Affari strategici, Ron Dermer, si sarebbe recato a Washington per incontrare l'inviato Usa Steve Witkoff.

Intanto c'è un altro fronte destinato a scaldarsi. Secondo i media israeliani, il gabinetto di sicurezza di Netanyahu ha votato e approvato in segreto la scorsa settimana la creazione di 22 nuovi insediamenti in Cisgiordania.

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