Guerra in Israele

Assedio totale a Gaza e strage al mercato. La minaccia jihadista: "A morte gli ostaggi"

"Dobbiamo entrare a Gaza. Non possiamo negoziare ora". Il premier israeliano Benjamin Netanyahu lo avrebbe detto chiaramente nella telefonata di domenica al leader Usa, Joe Biden

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«Dobbiamo entrare a Gaza. Non possiamo negoziare ora». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu lo avrebbe detto chiaramente nella telefonata di domenica al leader Usa, Joe Biden, ancor prima che il ministero della Difesa annunciasse ieri il reclutamento di 300mila riservisti in 48 ore, una mobilitazione a una velocità mai vista nella storia dello Stato ebraico e che si avvicina al record dei 400mila per la guerra del Kippur nel '73. A riferire delle intenzioni di un attacco israeliano a Gaza, via terra, sono almeno tre fonti, israeliane e statunitensi, a conoscenza della chiamata tra Biden e Netanyahu, e citate dal sito «Axios». In quest'ottica, le mosse di Israele sembrano solo un antipasto servito ad Hamas in risposta al massacro del 7 ottobre, giorno più sanguinoso per gli ebrei dall'Olocausto: oltre 900 morti (108 corpi a Be'eri), 2600 feriti, circa 100 ostaggi e centinaia di dispersi, fra cui due italo-israeliani. Netanyahu è inflessibile: «Hamas è come l'Isis», «La risposta di Israele cambierà il Medio Oriente»; «Abbiamo solo cominciato». E invoca un governo di unità nazionale.

Dopo i raid, ieri è scattato lo stop alla fornitura di cibo, acqua ed elettricità alla Striscia di Gaza. «Assedio totale». Una mossa in tandem con i bombardamenti. Non solo sulla Striscia ma anche, dopo un tentativo di infiltrazione, contro Hezbollah nel sud del Libano, dove tre terroristi sono stati uccisi dalle forze israeliane. I raid colpiscono Gaza, sterminano 50 persone al mercato di Jabalia, nel nord, e fanno salire a 687 morti e 3726 feriti il tragico conteggio delle vittime palestinesi. «Stiamo combattendo contro bestie e agiamo di conseguenza», dice il ministro della Difesa Yoav Gallant, per spiegare lo stop alle forniture alla Striscia, una scelta che aggraverà la già drammatica situazione umanitaria nella Striscia, tanto che il leader dell'Anp, Abu Mazen, denuncia: «È un crimine contro l'umanità». Ma Israele tira dritto. Da un briefing dell'amministrazione Biden ai leader del Congresso emerge che Israele ha chiesto agli Usa, in via urgente, munizioni a guida di precisione, bombe di piccolo diametro e intercettori per il sistema di difesa aerea.

I terroristi palestinesi usano toni durissimi, ma sembrano cominciare a temere la reazione israeliana. Per questo avvertono: «Uccideremo un ostaggio per ogni bombardamento senza preavviso sulle case dei civili». Hamas continua con il lancio di razzi, in parte schermati, rimette nel mirino Gerusalemme, facendo 4 feriti nei sobborghi, e sfiora l'aeroporto di Tel Aviv. I terroristi fanno sapere che, con un'operazione militare in corso, «non c'è nessuna possibilità di negoziare sui prigionieri o su altro», nonostante il Qatar stia lavorando, in coordinamento con gli Usa, per la liberazione dei rapiti. Ma poi dal quotidiano israeliano Haaretz arriva l'indiscrezione: «Funzionari di Hamas si dicono aperti a discussioni sulla tregua». Il timore della risposta epocale di Israele potrebbe aver fatto breccia, anche se il gruppo fa sapere di essere disposto «ora che ha raggiunto i suoi obiettivi».

L'incognita sono gli israeliani prigionieri di Hamas a Gaza e che rischiano sotto i raid o se Israele lanciasse un attacco via terra. Tra loro donne e giovani rapiti al rave nel Negev, dove i morti sono stati 260. Hamas intende usare i sequestri come arma di guerra. Ma l'Esercito israeliano assicura: «Abbiamo le coordinate di tutti gli ostaggi a Gaza».

E promette: «La guerra è cominciata male per noi, ma finirà molto male per l'altra parte».

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