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Assolto. Chi paga?

Crolla il teorema dei pm e della stampa di sinistra: Berlusconi fuori dall'incubo. Ma nessuno chiederà scusa

Assolto. Chi paga?

La completa assoluzione in appello di Silvio Berlusconi dalle infamanti accuse sostenute dalla procura di Milano nel processo Ruby ripristina - dopo anni di linciaggio - tre fondamentali verità. La prima - che a me, avendo conosciuto l'uomo, preme di più - è quella storica: Silvio Berlusconi non è quel mascalzone immorale dipinto nelle strampalate tesi dell'accusa. Gli viene restituito l'onore e la dignità che non fatti, ma una indebita invasione nella sua vita più privata e un teorema moralista gli avevano tolto. La seconda è la verità giudiziaria: Berlusconi non ha commesso il reato di concussione (gravissimo per un premier in carica) né tantomeno quello - assurdo solo pensarlo - di sfruttamento di prostituzione minorile. La terza verità è quella politica: è ora evidente a chiunque che l'inchiesta, il processo e la sentenza di primo grado - cavalcati dall'opposizione, dai giornali e dai programmi televisivi amici - non erano fondati su concrete ipotesi investigative, ma solo sulla volontà di infangare e danneggiare un leader politico nonché capo del governo in carica.
Un giorno, ne sono certo, ne sapremo di più su mandanti ed esecutori. Resta il danno, enorme, provocato all'uomo Berlusconi, alla sua famiglia e al Paese intero. Una maggioranza - è innegabile - si è sfaldata e un governo è caduto proprio sotto i colpi di questa inchiesta, colpi che oggi scopriamo essere stati a salve. Di quell'agguato siamo ancora qui oggi a leccarci malconci le ferite. Da allora si sono succeduti tre governi non eletti i cui operati hanno peggiorato non di poco la situazione economica di imprese e famiglie.
Nessuno, temo e prevedo, pagherà per tutto questo. Né professionalmente, né politicamente, tantomeno economicamente (i costi di questa sceneggiata voluta da Bruti Liberati e da Ilda Boccassini sono stati altissimi e sono sul groppone dei contribuenti). Così come non arriveranno le scuse dei direttori di La Repubblica e del Fatto Quotidiano, di Santoro e Floris (tanto per citare i più conosciuti), professori di giornalismo e maestri di verità che hanno guidato la più colossale macchina del fango messa in piedi contro un singolo uomo, che è riuscito a sopravvivere in questi anni solo in forza del suo coraggio e dei suoi mezzi.
Ora, siccome da ieri sappiamo che può esserci a Milano un giudice come a Berlino (l'opera di Bertolt Brecht in cui si narra di un magistrato capace di sentenze contro l'imperatore e i colleghi succubi), possiamo sperare più convintamente di poter ribaltare altre dubbie verità giudiziarie. A partire dalla condanna per frode fiscale che ha portato alla decadenza di Berlusconi (in quel caso la sentenza non finì a «Berlino» ma con uno stratagemma fu tolta alla corte naturale e affidata ad una posticcia il cui presidente, Esposito, ora è sotto inchiesta).
E poi c'è la politica, che ancora una volta troppo frettolosamente aveva dato Berlusconi per morto. Diamo atto a Renzi di aver tenuto con rispetto la porta aperta al «condannato». Altri, molti altri, dovranno tornare a fare i conti con il leader di Forza Italia. Fra di loro, non tutti hanno la coscienza pulita, qualcuno dovrà abbassare le arie.

Ma questa sarà la storia che racconteremo nei prossimi mesi.

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