Roma - La quiete apparente dopo la tempesta. In questo scorcio di fine estate, in una Capitale ancora in vacanza e semi-deserta, l'aria di piazza dell'Indipendenza è ancora satura di una tensione sottile. Lo stabile di via Curtatone, posto sotto sequestro dall'autorità giudiziaria, è presidiato da agenti in tenuta antisommossa. A sbarrare l'accesso c'è ancora l'idrante con cui gli agenti hanno disperso gli ex occupanti. Si teme che «l'azione d'infiltrazione posta in essere dai movimenti di lotta per la casa», denunciata dalla Prefettura, possa incoraggiare un nuovo tentativo di occupazione. D'altro canto, ad oggi, ancora nessuna delle soluzioni alloggiative offerte dalla società che gestisce l'immobile e dal Campidoglio sembra soddisfare le esigenze dei rifugiati. «Non gli piacciono le case che gli sono state assegnate, loro pretendono di restare in centro commenta una barista ed è assurdo». In piazza Indipendenza si vedono solo cronisti e poliziotti. Tutti in attesa dell'inizio della conferenza stampa annunciata dal Coordinamento Cittadino Lotta per la Casa. Una mamma spinge la sua carrozzina e sentenzia: «Quello sgombero andava fatto, da quando sono diventata madre mi sono resa conto che l'Africa, in Italia, non ci può entrare. Non è questione di razzismo, ma di numeri». Dopo di lei, Augusto Caratelli, presidente del Comitato Difesa Esquilino Monti, racconta: «Sono anni che denunciamo la presenza di centinaia di occupanti dentro questo stabile e l'esasperazione di residenti e commercianti. L'immobilismo istituzionale è drammatico». Qualcuno lo interrompe: «Meno male che ci sono i comitati dei cittadini a difendere chi è ricco, chi ha i privilegi».
A parlare è un ragazzo con la stella rossa sulla maglietta. Eccoli, sono arrivati gli antagonisti. Poi la portavoce del Coordinamento Cittadino Lotta per la Casa rincara la dose: «Noi siamo qui da 5 giorni, lei dov'era?». Fulminea la replica di Caratelli: «E lei dove stava lo scorso anno? E quello prima? Scommetto che nessuno di voi vive qui». Su una sola cosa i «duellanti» sono concordi: «L'accoglienza romana ha fallito». «Quelle persone vivevano qui da anni spiega Maurizio Debanne della Ong Intersos e la proprietà voleva riprendere possesso dello stabile. Il punto è che qui parliamo di persone che godono dello status di rifugiati e le abbiamo cacciate per strada. La soluzione andava trovata prima dello sgombero e dopo. Questa è una pagina molto triste per Roma». I nordafricani, nel frattempo, si sono riuniti a qualche isolato di distanza. Dopo gli scontri di mercoledì scorso hanno paura ad avvicinarsi al cordone di polizia che presidia via Curtatone così volontari, attivisti e antagonisti si spostano in via Montebello dove, finalmente, inizia la conferenza stampa. «Sprar e centri d'accoglienza sono delle alternative temporanee, inadeguate e non risolutive. Non si possono affrontare i problemi sociali come materie di ordine pubblico.
Questo è ciò che abbiamo intenzione di dire domani alle 16 con il corteo che partirà da piazza dell'Esquilino», annuncia una «compagna» sventolando una comunicazione della Questura. «Domani verranno predisposti dei varchi d'accesso con uomini in tenuta antisommossa». Limitazioni inaccettabili, che loro leggono come una «provocazione» che «innalza la tensione» e «criminalizza la solidarietà».
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