Autonomia e Veneto, le due spine per la Lega

Salvini preme per l'ok alla riforma ma l'opposizione fa le barricate. E pure il dopo Zaia agita il Carroccio

Autonomia e Veneto, le due spine per la Lega
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Al confronto le contestazioni sul progetto del Ponte o sui ritardi dei treni sono carezze. Le ultime «questioni» che Matteo Salvini si trova davanti sono tutt'altro che agevoli da affrontare. Autonomia differenziata e Regionali si frappongono come macigni sul suo cammino. La sconfitta della Tesei in Umbria e le questioni aperte dal «dopo Zaia» per le prossime Regionali in Veneto rappresentano un monito. La partita dell'Autonomia differenziata, poi, è la scommessa essenziale per dare ragione di questo governo, di questa coalizione e del futuro del Carroccio.

Le riserve avanzate dalla Consulta sulla bontà della riforma Calderoli hanno di fatto cambiato i rapporti di forza all'interno della coalizione dove Forza Italia da tempo (soprattutto con i suoi governatori del sud) lamenta alcune criticità del testo. Tanto che ha dato vita a un osservatorio parlamentare sull'autonomia che si è per la prima volta riunito ieri. L'idea è di riportare la discussione della riforma in Parlamento alla luce della sentenza (ancora non pubblicata) dalle Consulta. «Per troppo tempo - commenta il governatore della Calabria Roberto Occhiuto - si è parlato molto di autonomia e poco di lep e diritti civili e sociali». Il nervosismo leghista dopo le riserve della Corte costituzionale è evidente. Nel corso di un'intervista lo stesso ministro per le Riforme è sbottato: «Le correzioni chieste dalla Consulta si faranno - dice Calderoli - ma l'opposizione smetta di rompere». All'opposizione ora preme soprattutto rallentare il percorso della riforma. Bocciata alla Camera, la mozione è stata depositata anche in Senato. In buona sostanza si chiede di non procedere alla stipula di alcuna intesa tra governo e singole Regioni e a sospendere i negoziati già avviati, volti a trasferire a queste ultime forme particolari di autonomia differenziata.

Poi c'è la questione delle prossime sfide elettorali. Il prossimo anno si vota in Veneto. E da tempo cova una tensione non banale tra il partito della Meloni e il Carroccio. Da tempo, infatti, Fratelli d'Italia chiede più spazio per rispettare la sua quota di rappresentatività. Con il «doge» Zaia non più ricandidabile, la figura della presidenza veneta diventa dirimente. Fratelli d'Italia ci ha messo gli occhi sopra ma Salvini non vuol cedere anche perché è pressato dalla cosiddetta fronda veneta che da tempo lamenta di essere trascurata rispetto ai «cugini» lombardi.

Al consiglio federale di mercoledì scorso Salvini si è preso l'impegno di convincere gli alleati (Meloni e Tajani) di lasciare il Veneto alla Lega anche se è una strada in salita visto che alle europee Fdi ha preso il triplo dei voti (37,6% contro il 13,1% del Carroccio). La fronda interna, però, non si rassegna e c'è già chi pensa a una corsa «in solitario». Proprio in occasione del Consiglio federale Zaia ha risposto proprio su quei numeri offerti da Salvini. «I voti con la mia lista li prendo, perché parlo dei nostri temi identitari» spiega il governatore veneto. Che poi lancia l'allarme: «Qui non è in ballo solo il destino del Veneto. Se lo perdiamo crolla tutto».

Ragionamento condiviso dal segretario regionale Alberto Stefani (tra i papabili, tra l'altro, proprio a sostituire Zaia): «Il polo identitario di Lega, lista Zaia e liste Civiche collegate è già la maggioranza dei veneti».

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