Alla luce di quel che si è visto - febbre mediatica a 40, chiarimento politico Conte-vicepremier settimana prossima e rinvio di fatto a dopo le Europee, sollevazione di grillini, governatori del Sud e Cgil -, non si può che dare ragione alla considerazione che ne ricavava il governatore piemontese Chiamparino: «Anche sull'autonomia, dopo la Tav, si conferma che le due forze di governo confondono volutamente l'esecutivo con una palestra elettorale...».
Dunque: braccio di ferro, gara di sollevamento pesi, scelta di rivedersi quando sarà (se ci sarà ancora un governo). Per ora, quindi, restano le polemiche feroci innescate dalla «bomba a orologeria» ordita dal viceministro Garavaglia e dalla ministro Stefani, entrambi della Lega, tanto per far tremare un altro po' Di Maio e compagni. In compenso, ieri è ricomparso anche il presidente del Consiglio, sparito l'altra sera alla discussione sulle prime bozze delle intese con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. «Il confronto sull'autonomia deve essere portato avanti con molta responsabilità e molta chiarezza e determinazione per raggiungere un obiettivo sostenibile», regolava il timer Conte, portandolo indietro. E ricordando poi che «il Parlamento non può essere destinatario passivo di un progetto di riforma costituzionale». Sul coinvolgimento parlamentare in mattinata era intervenuto con vigore il presidente di Montecitorio, Roberto Fico, che su Facebook aveva sottolineato come «il Parlamento deve avere un ruolo centrale e non marginale. Non si può andare avanti senza interpellare le Camere fino in fondo». Di fronte al muro grillino e alle barricate dei governatori del Sud, con le accuse tra l'altro di aver deciso sulle bozze «chiusi nelle segrete stanze» (il sindaco di Varese, Pd), anche la ministra Stefani aveva dovuto cambiar rotta e cercare di spegnere ogni allarmismo «perché infondato: non togliamo niente a nessuno». Precisazione che non sedava le proteste vibranti, la prima delle quali era quella del governatore campano Vincenzo De Luca, deciso ieri a «formalizzare la richiesta di autonomia differenziata per la Campania: accettiamo qualsiasi sfida, ma a parità di risorse». De Luca chiariva che la Campania non chiederà l'autonomia in materia scolastica, «perché nei processi formativi la scuola è uno degli elementi di costruzione e mantenimento dell'unità della patria». Nel frattempo il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, s'inseriva per chiedere invece «l'autonomia di Napoli», ritenendo quella «delle città e non delle regioni la vera autonomia».
La confusione del governo pare aver aperto un vaso di Pandora fatto di rivendicazioni, ripicche e idee tutte differenti, che sarà difficile ora far rientrare nel recinto di un sereno raziocinio. Anche perché, così com'è stata annunciata, l'autonomia rischia davvero di ottenere un risultato «arlecchino» che «non può reggere», come sottolineava Pier Luigi Bersani. Di «secessione mascherata» e «Sud abbandonato», parlava invece l'ex premier Letta. Se il sindaco di Milano, Beppe Sala, a questo punto lanciava un appello a «fermare tutto e discutere», l'azzurra Gelmini lamentava al contrario che lo «statalismo grillino ha bloccato anche l'autonomia differenziata, dopo il resto». Intanto i grillini hanno piazzato sul tavolo il macigno di un contro-dossier e chiedono che le bozze d'intesa passino al vaglio del Parlamento.
Per i leghisti invece vige la consegna della prudenza, la ministro Stefani smorzava le polemiche («nel Cdm s'è condiviso lo spirito della proposta») e il governatore lombardo Fontana si faceva bastare il bicchiere mezzo vuoto: «Almeno ora c'è un testo: sarà corretto, modificato, emendato, ma c'è una differenza enorme rispetto a una discussione su una pagina bianca...».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.