Avvelenò il marito, condannata a 30 anni. Domiciliari per stare con il figlio piccolo

La donna aveva una relazione extraconiugale e uccise l'uomo con il cianuro. A casa: scarcerata per curare il bimbo di 18 mesi

Avvelenò il marito, condannata a 30 anni. Domiciliari per stare con il figlio piccolo

Ha ucciso il marito con il cianuro perché si era stancata della vita di coppia e per questo è stata condannata a 30 anni di carcere, sentenza confermata in appello lo scorso 30 gennaio. Adesso però a Loredana Graziano, 37 anni, il Tribunale del Riesame ha concesso gli arresti domiciliari. La decisione ha colto di sorpresa i familiari di Sebastiano Rosella Musico, 40 anni, di Termini Imerese: «Non c'è rispetto per il nostro dolore», protestano il fratello e la sorella della vittima.

Eppure i giudici, nonostante la gravità del fatto, hanno accolto l'istanza dell'avvocato Vincenzo Lo Re con una decisione basata su due presupposti: un precedente annullamento con rinvio deciso dalla Cassazione e un difetto di motivazione sulle esigenze cautelari nei confronti di una donna madre di un bimbo di 18 mesi. In primo grado la Graziano era stata mandata ai domiciliari, perché la legge cerca di evitare per quanto possibile ai bambini di stare in cella con le madri detenute, prevedendo il carcere solo in casi di eccezionale gravità. In appello però i giudici, ipotizzando che potesse tornare a commettere lo stesso reato nei confronti del nuovo compagno, ne avevano disposto la custodia cautelare dopo che lei aveva rifiutato di andare in una casa attrezzata per detenute madri ad Avellino. Il legale aveva fatto ricorso in Cassazione e i giudici lo avevano accolto, ritenendo illogico un eventuale nuovo omicidio perché non ancorato a nessun elemento sostanziale. I giudici del riesame ora hanno confermato che, nonostante la gravità del reato, è nell'interesse del piccolo che la madre torni a casa. Per questo hanno concesso alla donna di andare a vivere nell'abitazione dei genitori con il bambino e il nuovo compagno, il padre del piccolo, nato poco prima che venisse arrestata, un anno e mezzo dopo la morte del marito, il 22 gennaio del 2019, un decesso in un primo momento fatto risalire a cause naturali. Almeno finché l'amante della Graziano, dopo la fine della loro storia, raccontò ai carabinieri che era stata lei ad avvelenarlo. Un'accusa confermata dall'autopsia dopo la riesumazione del cadavere.

Le indagini dimostrarono che la donna, dopo aver allacciato una relazione extraconiugale, aveva deciso di liberarsi del marito somministrandogli cianuro e medicine anticoagulanti mischiati alle pietanze. Un delitto atroce, per il quale è stata condannata in appello a 30 anni di reclusione. Una sentenza che, a detta dei giudici del Riesame, potrà scontare ai domiciliari. Con grande disappunto della famiglia della vittima. «Ci sentiamo traditi da una decisione che riapre una ferita dolorosissima. L'imputata aveva già avuto la possibilità di andare a vivere con il proprio figlio presso una casa famiglia nei pressi di Avellino, ma incredibilmente ha rifiutato questa scomoda alternativa perché lontano da casa.

Ora gli viene accordato il capriccio di tornare ai domiciliari per vivere comodamente dopo il gravissimo delitto che ha consumato. È una grandissima ingiustizia», commentano Domenico e Maria Concetta Rosella Musicò, fratello e sorella dell'uomo avvelenato.

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