La babele delle commissioni sui pagamenti digitali

Ogni istituto bancario pone condizioni differenti: dallo 0,9 all'1,8%. L'opzione delle app

La babele delle commissioni sui pagamenti digitali

«Se non ci sono i margini» di trattativa con la Commissione Ue per togliere l'obbligo di accettare il Pos sotto i 60 euro, «ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti». Il premier Giorgia Meloni intende, comunque, trovare un modo di alleviare i costi delle transazioni telematiche.

Ma a quanto ammontano queste spese? Il costo applicato agli esercenti dai principali operatori tradizionali in Italia si aggira attorno all'1 per cento (0,8% medio per il bancomat). La grande distribuzione organizzata, per via della natura del business, ottiene condizioni molto migliori. Secondo un'analisi dell'Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, le commissioni variano a seconda delle banche e «si attestano tra lo 0,9% e l'1,8%». In base ai dati raccolti dal Politecnico e tarati su una commissione media dell'1,5%, per un acquisto di 30 euro pagato con moneta elettronica l'esercente versa alla banca 45 centesimi. I 60 euro ipotizzati inizialmente dal governo come soglia di non punibilità per il mancato utilizzo del Pos sarebbero costati 90 centesimi. Bisogna considerare che, sempre secondo il Politecnico, il costo di gestione del contante è di circa l'1,1% a transazione, dunque i «famosi» 60 euro pagati cash finiscono con il comportare una spesa per l'esercente di 66 centesimi.

Le banche potrebbero fare qualcosa di più? Nel 2021, secondo i dati della Banca d'Italia, i Pos installati e attivi erano 4,2 milioni a fronte di 106 milioni di carte di credito e debito. Il 38% del totale dei pagamenti dell'anno scorso (pari a 806 miliardi di euro) è stato regolato con un pagamento elettronico. L'Ue ha tagliato le commissioni interbancarie allo 0,2% quando si usa il bancomat e allo 0,3% per le carte di credito o debito. Ma, considerati i costi commissionali medi e tenuto conto che i circuiti internazionali Visa e Mastercard prelevano lo 0,54%, la differenza è appannaggio degli intermediari finanziari che, tuttavia, devono sostenere i costi di gestione del circuito dei pagamenti elettronici. Né si può accusare le nostre banche di essere «avide» giacché le commissioni applicate sono inferiori alla media europea (1,1-1,2%) e addirittura la metà di quelle statunitensi (2%) dove gli e-payment sono una tradizione consolidata. È chiaro che la differenza la fa il carico fiscale che in Italia si subisce e che rende prezioso anche il risparmio di un centesimo. Va detto che molti commercianti si lamentano per lo sfasamento temporale tra transazione e incasso che richiede in genere 1-2 giorni lavorativi anche se le nuove tecnologie (come Satispay che collega all'App il conto corrente) rendono il bonifico quasi immediato.

Cosa potrà fare il governo Meloni? Sostanzialmente connettere l'obbligo di utilizzo del Pos alla possibilità di detrarre le commissioni alzando la soglia di detraibilità che da luglio scorso è passata dal 100% al 30 per cento.

Nel frattempo ci si potrà «attrezzare» aderendo alle offerte dei principali istituti bancari del Paese che per incentivare la clientela business in molti casi hanno abbassato significativamente sia i canoni di noleggio dei Pos che i costi di attivazione. Ci sono poi i dispositivi che si acquistano e non hanno canone anche se il livello commissionale è più elevato.

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