
Nico Stumpo, già capo dell'organizzazione ai tempi di Bersani e ora parlamentare del Pd, è laconico. Allarga le braccia in mezzo al Transatlantico di Montecitorio e sospira: "Perché sul consiglio europeo non ci sarà un documento unico dell'opposizione? Oggi (ieri ndr) a riunione congiunta dei gruppi parlamentari del Pd è stata aperta da Alfieri e chiusa dalla Schlein che ha parlato dei suoi battibecchi con la Meloni. Un vaniloquio".
Quelli che hanno ruoli primari nel partito si rifugiano, invece, nelle frasi di rito. "Al Senato - ricorda Franceschini - se passa il documento del governo gli altri decadono". Vero, ci sarebbe però da ricordargli che alla Camera "no". Mentre il vicesegretario Beppe Provenzano si rifugia nella tradizione: "Sui consigli europei non c'è mai stato un documento unico dell'opposizione, ognuno ha sempre presentato il suo".
Le parole d'ordine sono nell'ordine sdrammatizzare, rinviare, minimizzare, rimandare, ironizzare. Non si tenta nemmeno di rispettare la prassi di mettere insieme le posizioni, si dà per scontato che il "campo largo" guarda al mondo con quattro sensibilità diverse. E si pensa ad altro mentre la tregua a Gaza è messa a dura prova e la tensione in Ucraina per responsabilità di Mosca si alza. La Schlein ieri si è difesa da chi l'ha criticata per i duelli verbali al fulmicotone con la Meloni, per quell'uscita ad Amsterdam in cui ha tirato in ballo il clima politico instaurato dalla premier per spiegare l'attentato al giornalista Ranucci. E per evitare brutte sorprese ha chiesto aiuto anche a Franceschini nella riunione dei gruppi. La vecchia volpe non si è fatta pregare e ha spezzato una lancia in suo favore: "Hai fatto bene". Sull'altro versante uno dei consiglieri più ascoltati da Giuseppe Conte, Alfonso Colucci, non ha nascosto il suo scetticismo sulla premiership di Elly: "Non funziona in quel ruolo ma è una mia opinione personale". Le diverse sigle che popolano l'area moderata del campo largo, invece, hanno ingaggiato una gara per contendersi sindaci e governatori rischiando la scissione dell'atomo o peggio dei neutroni e dei neutrini.
Insomma, non c'è l'ambizione a unire ma la fobia a dividere. Così in politica estera il campo largo si trasforma in una babele di suoni, in una sinfonia senza direttore. Sull'Ucraina, ad esempio, il Pd si spende per Kiev mentre i Cinque stelle sono inclini al disimpegno. Sul piano di riarmo europeo la Schlein si affida all'equilibrismo, mentre Conte lo rifiuta in toto. Fratoianni e Bonelli vanno per la loro strada, mentre sull'altro versante Italia Viva predica responsabilità. Calenda, infine, è tenuto fuori. "Una volta - confida Matteo Richetti - si tentava un approccio, ora niente".
C'è un'aria di d'impegno fatalista, di impotenza. "In politica estera - si infervora Piero Fassino - dovremmo cercare un punto di incontro con la maggioranza ma non riusciamo a trovarlo neppure come opposizione. Ed è un problema serio. Manca meno di un anno e mezzo alle elezioni politiche e dovremmo dare l'idea di una coalizione che esiste, dovremmo avere una bozza di programma anche sui grandi temi internazionali visto che le persone hanno paura per quello che avviene nel mondo. Ma con quei due (Bonelli e Fratoianni, ndr) e quell'altro (Conte, ndr) come fai?"
Fassino è un fiume in piena. "La Schlein - racconta - parla di elettorato identitario, ha una posizione corbynista (il leader della sinistra radicale laburista, ndr) ma se non allarghi e unisci la coalizione non vinci. Magari porti il Pd al 22% ma poi? Con questa strategia hai solo una possibilità che la gente si stanchi della Meloni come avvenne nel 2006 con Berlusconi ma chi ti assicura che sarà così. La lacuna di Elly è che non ha avuto una formazione di partito, la sua esperienza è tutta nei movimenti. Non comprende che le differenze possono essere una ricchezza. Lei si accontenta del ragionamento: "prima la gente non capiva cos'era il Pd ora, invece, abbiamo un'identità". Solo che se non ci riusciamo a trasmettere all'opinione pubblica un'immagine di coalizione non andiamo da nessuna partema con la Boldrini".
È l'incapacità di stare insieme ricorrendo all'arte del compromesso e della mediazione e magari a un pizzico di ipocrisia il vero "handicap" del "campo largo". Ma se esalti l'identità è ovvio che rinunci a questa possibilità. Nel centro-destra non è che le differenze siano minori ma c'è l'attitudine sperimentata di sventolare le bandiere a parole ma di trovare un'intesa nella pratica. "A sinistra - osserva una delle teste d'uovo di FdI, Francesco Filini - non c'è lo spirito di coalizione ma di competizione. Valorizzano le differenze al contrario di noi.
Eppure manca meno di un anno e mezzo alle elezioni, un programma dovranno pur farlo. O no?"Intanto oggi la Meloni esalterà il ruolo di Trump nella ricerca della pace mentre la Schlein gli rinfaccerà proprio il rapporto di "sudditanza" con la Casa Bianca. Vedremo i toni. La commedia continua.