Cronache

Baby gang da incubo A Napoli arriva Minniti. La pm: "È emergenza"

Ultima vittima, un 16enne: una banda di coetanei, sconosciuti, gli ha rotto il naso

Baby gang da incubo A Napoli arriva Minniti. La pm: "È emergenza"

Napoli - Di «baby» hanno solo l'appellativo. Le gang di minori, che stanno terrorizzando Napoli e provincia, sono infatti fenomeni criminali che hanno assunto proporzioni di inquietante allarme sociale al pari della camorra. Undici episodi (ufficialmente denunciati) in appena due mesi, tre nel giro di 72 ore. L'ultimo davanti alla stazione della metro «Policlinico», nella zona collinare della città, a pochi passi dagli ospedali. Lì domenica sera un sedicenne è stato accerchiato e picchiato da un gruppetto di coetanei. Uno, ha poi raccontato alla polizia, era «alto alto», e gli ha rotto il naso con un pugno. La vittima è stata medicata con una prognosi di trenta giorni. Sempre davanti a una fermata della metropolitana, venerdì sera, un altro raid. Con un epilogo più grave: Gaetano ha subito l'asportazione della milza, spappolata dai calci e dai pugni incassati in un pestaggio selvaggio, nel quartiere-ghetto di Chiaiano. E ancora sabato sera, a Pomigliano d'Arco, in provincia, due studenti sono stati presi a frustate con una catena dal branco per uno smartphone.

«C'è una gravissima emergenza sociale oltre che un'emergenza criminale - denuncia Maria de Luzenberger, procuratore della Repubblica per i minorenni di Napoli -. È da tempo che ne parlo. Purtroppo c'è una condizione dei giovani che vivono nella città di Napoli e nell'hinterland molto grave. In taluni quartieri sono totalmente abbandonati, ci sono pochi servizi sociali. La città ha una sua organizzazione dei servizi sociali, pur nelle gravi carenze che registra, ma la periferia e soprattutto i comuni limitrofi sono in situazione ancora molto più grave».

Le forze dell'ordine fanno quello che è possibile, considerato che le baby gang colpiscono sia in periferia che nel centro della città, come dimostrano i due accoltellamenti al Vomero e a Chiaia di metà dicembre. Uno di loro, un sedicenne dalla faccia ribelle, indagato per aver ferito con una pugnalata un coetaneo, ha detto che quelli come lui odiano i «ragazzi che vivono nei quartieri ricchi».

Tentativo maldestro di giustificazione per nascondere la realtà dei fatti. E cioè che orde di giovanissimi, cresciuti nel mito di «Gomorra», hanno ambizioni di malavita uguali a quelli degli adulti. Lo scrivono su Facebook e lo dimostrano pure. Sui profili pubblicano foto in cui impugnano coltelli, tirapugni appuntiti, pistole. Mentre si muovono in branchi, come i lupi o le iene. Hanno un loro slang, si vestono come nei sobborghi Usa.

Lo ha capito anche il ministro dell'Interno Marco Minniti che oggi sarà in Prefettura, a Napoli, per presiedere il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, a cui parteciperanno anche i vertici nazionali delle forze dell'ordine e il procuratore distrettuale della Repubblica di Napoli e i capi della magistratura minorile. Per tanti allarmi, però, una buona notizia.

Arturo, il 17enne accoltellato prima di Natale, è tornato a scuola, nel liceo Cuoco. «Bentornato Arturo», recitava un grande striscione che i suoi amici hanno affisso all'ingresso. Ad accompagnarlo, la mamma, Maria Luisa Iavarone, che dal giorno dell'aggressione, non ha smesso un attimo di chiedere giustizia e il coinvolgimento di tutti per fermare la violenza di cui è stato vittima il figlio. È apparso stranito, Arturo, al momento di varcare il portone ingresso della sua scuola. «Sono imbarazzato perché non mi aspettavo tanti giornalisti, questa accoglienza dai miei compagni ha detto al suo arrivo - e ora mi aspettano i professori. Sono emozionato, ciò che mi è mancato è stato anche questo portone. Voglio far presto, ho lezione».

La guerra ai baby criminali a Napoli è appena all'inizio.

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