Roma Da Emma Bonino a Mario Adinolfi, da Marco Rizzo a Nicola Fratoianni, il piccolo esercito di coloro che non hanno superato la fatidica soglia del 4 per cento ha perso il treno per l'Europa. Schiacciati dallo strapotere mediatico di Salvini e degli euroscettici, non sono riusciti a imprimere un messaggio efficace nella mente degli elettori. Lo scotto più doloroso lo paga senza dubbio il gruppo riunitosi sotto la sigla +Europa, guidato da due europeisti convinti come Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino. Le loro comparsate televisive sono state rare. Quasi impalpabili i loro slogan. Soprattutto l'ultimo, quello lanciato nell'ultimo comizio a piazza della Scala a Milano. Arrivare con un bus rosso a due piani con sulla fiancata la scritta «Direzione Bruxelles» evidentemente non ha portato fortuna (l'europarlamento poi è a Strasburgo). E il loro insuccesso, si sarebbero fermati al 3,7%, è ancor più significativo se si pensa che in tutta Europa, alla fine, la barriera filo europeista è riuscita a far fronte all'onda d'urto dei sovranisti guidati dal gruppo di Visegrad e dal grande successo di Marine Le Pen in Francia. Anche il supporto di Federico Pizzarotti, con il suo Italia in Comune, non avrebbe prodotto gli effetti sperati e il sindaco di Parma ha già perso l'aura di astro nascente dell'antigrillismo. Pure i comunisti di Marco Rizzo rimangono fuori dal parlamento europeo. Loro anche avevano scelto di sposare la causa degli euroscettici ma partendo da premesse diverse rispetto alla destra sovranista. Eppure la loro guerra al capitalismo «inquinante» non ha mostrato il giusto appeal nei confronti dei giovani. Così come la guerra ai diretti concorrenti di +Europa non ha pagato.
Abbondantemente sotto la soglia necessaria per essere presenti a Strasburgo anche il Popolo della Famiglia, il soggetto politico ideato e guidato da Mario Adinolfi. Voleva portare a Strasburgo e a Bruxelles la sua proposta di abolizione dell'aborto. Il magro bottino (sotto l'un per cento) non gli consentirà nemmeno di suggerire una modifica alla legge.
Anche Europa Verde ha perso il treno europeo. E pensare che in Francia e in Germania gli ambientalisti hanno raccolto un consenso ben più ampio delle più rosee aspettative. I nostri ambientalisti si sono fermati sotto la soglia dell'un per cento. Segno che il «popolo di Greta», la ragazzina svedese nuova icona del popolo ambientalista, non si è ricompattato alle urne come quando scendeva in piazza al grido di «Salviamo la Terra». Saltata l'alleanza con Italia in Comune di Federico Pizzarotti, i Verdi si sono dovuti accontentare del supporto di Pippo Civati, in uscita dalla galassia rossa, con il suo Possibile. Mentre Civati inutilmente scimmiottava la ben più efficace esperienza spagnola di Podemos, il leader di quest'ultima forza non ha sortito gli effetti sperati col suo «in bocca al lupo» ai cugini italiani della Sinistra guidati da Nicola Fratoianni. Pablo Iglesias si era dimostrato incautamente ottimista sulla possibilità di condividere con Fratoianni gli scranni dell'Europarlamento per combattere «l'establishment neoliberista e le destre nazionaliste». Dovrà pensarci da solo visto che Fratoianni rimane a casa (col 2%).
Però si può consolare col fatto che avrà qualche rappresentante in meno di quelle destre nazionaliste che anche da noi sono fiorite con tante sigle (a cominciare da CasaPound). Nessuna di queste ha superato la soglia del 4%, fermandosi ampiamente sotto l'uno per cento.
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