Per i banchieri l'accordo sulla Legge di Bilancio è ormai chiuso, e il "calice amaro" ormai è stato digerito, ma resta però aperta sullo sfondo la partita delle garanzie pubbliche sui prestiti bancari alle imprese, che il Mef vorrebbe ridurre a partire dal prossimo anno. Da Firenze, dove l'Abi ha organizzato un seminario di due giorni con la stampa, il presidente dell'Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, ha assicurato che gli istituti italiani sono "pronti a uscire dalla fase emergenziale" delle garanzie pubbliche nate con il Covid a patto che "si apra un tavolo con tutti gli attori coinvolti: governo, banche, istituzioni controllate dallo Stato che le erogano e aziende". Patuelli ha sottolineato come "non è che viviamo di garanzie. La garanzia deve essere accessoria, è un di più" e serve soprattutto alle imprese. Il banchiere ha poi ricordato che il governo Conte le introdusse nel 2020 "senza alcun confronto con l'Abi". Dopo il picco dei finanziamenti garantiti nel 2022 a 226 miliardi di euro, al 30 settembre l'ammontare garantito è sceso a 119 miliardi e quello dei finanziamenti Covid ancora in essere è pari a 52 miliardi con una durata media residua di due anni e mezzo. La percentuale di garanzia nel 2020 era mediamente dell'85%, al 30 settembre è scesa al 69 per cento.
Quanto all'impatto della manovra sul sistema bancario - pari a 9,6 miliardi fra aumento delle tasse e minore deducibilità - il direttore generale dell'Abi, Marco Elio Rottigni l'ha definito "gestibile" come "anche indicato da diversi ceo" e dal "governatore della Banca d'Italia Panetta", "poi se dobbiamo dirci contenti, direi di no". In ogni caso, ha proseguito Rottigni, "sarà l'iter parlamentare a dire se questa manovra subirà o meno dei cambiamenti". Nel frattempo, le banche italiane sono "solide e sanissime" ma "non è scontato che questo si ripeta nel 2026" visti i cambiamenti della situazione economia europea e internazionale e dei tassi, ha avvisato Patuelli. Sottolineando come "i margini di interesse delle banche stanno già calando" e le "commissioni che non sono aumentate, hanno sfruttato il buon andamento dei mercati, un elemento che il prossimo anno" non è detto si ripeta.
Guardare al futuro significa anche guardare all'arrivo dell'euro digitale.
Le banche italiane sono favorevoli, sebbene questo comporti a carico degli istituti dei costi e minore liquidità da gestire e ritengono che siano possibili, in parallelo, anche le iniziative di moneta di banca commerciale attraverso "ulteriori soluzioni di pagamento digitale" da parte di attori privati per l'area euro come quelle di Epi e EuroPa. Come ha sottolineato Rottigni, un "doppio binario consentirebbe anche di disporre di una moneta di banca commerciale che si sviluppa con velocità, a basso costo e sicura".