È la sera di un Ferragosto caldo e insensato quando sul palazzo di presidenziale di Kabul, da qualche ora lasciato dal presidente Ashraf Ghani, viene ammainata la bandiera rossoneroverde della Repubblica islamica dell'Afghanistan e issato il lugubre drappo dei talebani. La capitale è stata conquistata, caduta come una foglia morta, l'intero Paese è stato conquistato in sei settimane. Rinasce dopo vent'anni l'emirato islamico.
Mullah al potere
A guidare il Paese in questa prima fase sarà il Mullah Abdul Ghani Baradar, 53 anni, giunto a Kabul da Doha con l'incarico di leader ad interim dell'Afghanistan dopo il passaggio di consegne dal governo afghano in dissolvimento. In un video Baradar usa la carota più del bastone: «Ora è il momento di provare, daremo servizi alla nostra nazione, daremo serenità a tutta la nazione, che andremo il più lontano possibile per il miglioramento delle loro vite - dice ripreso tra combattenti smagriti e col mitra a tracolla -. Il modo in cui siamo arrivati è stato inaspettato, perché abbiamo raggiunto una posizione che non era prevista».
Ghani scappa
La facilità con cui i talebani sono arrivati ha Kabul è stata favorita dall'inconsistenza del governo del presidente Ashraf Ghani, fuggito in men che non si dica dalla capitale con la moglie e due dei principali collaboratori. Dice di averlo fatto come gesto di pacificazione, ma sicuramente ha voluto evitare la fine di Mohamed Najibullah, un altro presidente-fantoccio degli americani, strangolato nel 1996 dai tagliagole che lo erano andati a prendere nel palazzo dell'Onu dove sperava non sarebbero arrivati. Sulla sorte di Ghani ieri c'è stato un giallo: alcune fonti lo danno in Uzbekistan, altre in Oman. Secondo le ultime voci, come l'agenzia iraniana Mehr rilanciata dalla russa Tass, sarebbe diretto negli Stati Uniti. Per Ghazi è la fine ingloriosa di una presidenza impopolare, lui aristocratico e superbo, dai modi occidentali che lo rendono lontano dal popolo, incapace di combattere la corruzione e di creare un dialogo con i signori della guerra.
Aeroporto nel caos
Ieri Kabul ha avuto due volti: caotico e febbrile nell'aeroporto intitolato (probabilmente ancora per poco) all'ex presidente Hamid Kharzai, dove in tanti hanno cercato di salire su uno dei pochi voli in partenza (il traffico commerciale è stato sospeso) e dove i contingenti stranieri organizzavano con difficoltà le loro fughe. Le fonti divergono sul bilancio: chi parla di sette chi di dieci vittime tra spari e tafferugli. La tensione è diventata così ingovernabile da spingere il Pentagono a sospendere tutti i voli organizzati per far uscire dal Paese il personale delle missioni ormai chiuse, finché le condizioni di sicurezza non saranno ripristinate.
Paura in città
L'altra faccia di Kabul è il centro istupidito, sconvolto, silenzioso, in atteso della resa dei conti che i talebani metteranno in atto. Fonti raccontano di strade apparentemente calme, con vie deserte e nessuna presenza di ragazze e donne. Le poche che girano sono costrette a indossare il burqa, mentre gli uomini sono in abiti tradizionali e con la barba. Silenziate la tv e le radio. E un medico rientrato in Italia ha raccontato: «Ci cercano casa per casa, abbiamo paura per chi è rimasto a Kabul».
Diplomazia all'opera
Ieri il comandante del Comando centrale degli Usa, il generale Frank McKenzie, ha incontrato a Doha, in Qatar, alcuni leader dei talebani ai quali ha chiesto di «non interferire» con le operazioni di evacuazione dall'aeroporto di Kabul. McKenzie avrebbe ottenuto l'accordo dei talebani riguardo a un meccanismo di «de-escalation» e ha sottolineato che gli Usa sono pronti a rispondere con la forza per difendere lo scalo.
Un G7 per l'Afghanistan?
608px;">Intanto il primo ministro britannico Boris Johnson ha ieri avuto un colloquio con il presidente francese, Emmanuel Macron, nel corso del quale i due hanno manifestato l'intenzione di convocare un vertice del G7. I due leader avrebbero anche concordato una possibile risoluzione congiunta in sede Onu.
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