Sul terreno, la campagna elettorale di Macron è iniziata solo alle 20.01 del 10 aprile scorso, quando si sono chiuse le urne del primo turno. Prima, al ruolo di candidato ha preferito quello di Presidente e guida di turno della Ue, alle prese con la crisi ucraina e con i colloqui internazionali con Biden o Zelensky piuttosto che con la selva di mezze figure che si contendevano i voti litigando in tv.
La macchina organizzativa a sostegno della sua riconferma, però, è in campo già da mesi, con un lavoro capillare in ogni provincia francese: «Una campagna di classico stampo grassroots che ha coinvolto migliaia di persone, militanti, dirigenti, parlamentari», racconta l'europarlamentare di En Marche Sandro Gozi, italiano eletto in Francia nelle liste macroniane. «Siamo andati casa per casa, door to door, a suonare i campanelli o a volantinare nelle stazioni dei metrò, per discutere con i singoli elettori, informarli, rispondere ai loro dubbi e questioni». Per contrastare quella etichetta di presidente dei ricchi che la propaganda lepenista e della sinistra estrema di Mélenchon voleva affibbiare a Macron», spiegando come «durante questa presidenza la disoccupazione sia arrivata al minimo storico da 40 anni, e le politiche sociali per sanità, giovani, terza età siano state forti».
Mai come questa volta, la scelta del presidente in Francia coinvolge tutti i leader politici europei. E all'Eliseo sono state registrate con attenzione le mosse dei partiti italiani: così, l'iniziale endorsement di Enrico Letta a Anne Hidalgo, candidata socialista, ha destato «un certo stupore» nelle file macroniane, anche se poi il successivo impegno del segretario dem a favore del presidente uscente, con tanto di duro confronto sulla tv francese con la Le Pen, è stato apprezzato. L'asse con il premier Mario Draghi è sempre stato molto forte: «I due si conoscono e si stimano da molti anni, da quando Macron era all'Eliseo con Hollande e poi ministro dell'Economia, e Draghi alla Bce», raccontano nell'entourage del presidente. Ed è forte pure l'amicizia con Sergio Mattarella, che per anni è stato l'unico interlocutore in Italia: «Durante il governo Conte 1, i rapporti con l'Italia hanno raggiunto il livello più basso di sempre, un disastro assoluto», ricordano a Parigi. «Per Salvini, alleato italiano di Le Pen, e per i Cinque Stelle, che con Di Maio andavano a incontrare i Gilet Jaunes, Macron era diventato il Nemico pubblico numero uno, a scopi propagandistici». Solo grazie al Quirinale le relazioni non si spezzarono. Nessuna sorpresa, invece, per le uscite filo-Le Pen del medesimo Conte: all'Eliseo non si è mai registrata grande stima per le doti di statista dell'ex premier M5s.
E si ricorda ancora, con sorrisetti ironici, il modo un po' goffo con cui Conte tentò di attribuirsi il merito di quel Recovery Plan che solo grazie alla Francia venne concepito, e ottenne nel maggio 2020 il via libera della Merkel.
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